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Topics - alex

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Notizie e curiosità / La AT di Catanese all'asta
« il: 14 Giugno 2012, 21:35:53 »
Si, per beneficenza. Questo il messaggio che ha postato su FB:

L'oggetto è la mia Honda Africa Twin 750 preparata da rally (più 3 ruote complete di ricambio, motore, centralina, plastiche, ecc.) che ha corso tanti rally di Campionato Italiano e Mondiale.

Base d'asta uguale alla cilindrata: 750 €.
Rilancio minimo 50 €, da effettuarsi esclusivamente nei post di questo messaggio.

Il ricavato andrà interamente e direttamente devoluto (senza alcun intermediario) ad uno o più soggetti di una tendopoli dell'area Emiliana terremotata che stiamo individuando tramite volontari che operano in loco.
Ovviamente la donazione sarà qui documentata.

Chiusura dell'asta: 30 Giugno 2012 ore 23:59.

Questa sarà la gara più bella che farò con questa Moto.
Ma la vittoria, questa volta, dipende solo da voi.


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Ciclistica / RXV: pedane arretrate
« il: 03 Giugno 2012, 20:05:13 »
Visto che c'era fango, uscitina di 2 ore. 3 in verità..una extra per lavare la moto  sm470
Ho migliorato un po' la postura ed il relativo affaticamento ruotando in avanti il manubrio di una tacca. tranne nelle discese fetenti mi trovo bene. Per un piccolo step ulteriore, mi chiedevo se fosse possibile arretrare le pedane di un centimetro o anche più. Sarebbe un giovamento mica male per i miei poveri quadricipiti femorali!
Ma guardando l'attacco sul telaio la risposta mi pare negativa. Per caso esistono delle pedane aftermarket disassate, o con eccentrico, da adattare alla Bastarda?

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Abbigliamento ed equipaggiamento / Pasticciare un casco
« il: 01 Giugno 2012, 20:22:13 »
Visto che mi trovo uno Shoei opaco (e solo quello visto che il Diabolik II è partito per altri lidi) è un po' che penso di agghindarlo con un logo arancio a caso  :hehe:
Volendo proprio fare in casa (tanto qui in giro aerografatori non ne trovo) che vernice bisogna usare su un casco in composito?
E ancora: la mano di trasparente di finitura va carteggiata o si vernicia direttamente su quella?

E per finire: meglio che lascio perdere?  sm444

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Drive in / Se avete scoperto che siete salvi dall'IMU
« il: 26 Maggio 2012, 20:45:51 »
potete investire i risparmi in questo giochino qui (io non me lo posso permettere, ma sarebbe proprio bello):

http://www.infullgear.com/blog/2012/05/24/in-vendita-la-ducati-996-campione-del-mondo-1998-di-carl-fogarty/

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Racconti & aneddoti / La piega perfetta
« il: 26 Maggio 2012, 20:36:07 »
Forse è questa la quintessenza del motociclismo da bitume.
Pennellare una traiettoria unica, impeccabile, entrando in modo preciso ed uscendone leggero come una libellula.
Da sempre inseguivo la piega perfetta, ma sono un bitumaro di età tarda, ho imparato tardi e non sarò mai un vecchio marpione che all’amico che striscia la saponetta risponde col gomito che gratta per dieci metri.
In pratica che succedeva (uso il passato perché con la Adventure la piega vera me la posso scordare, specie con i ritmi che tengo adesso) ?
Succedeva più o meno questo: quella curva mi piace, la conosco, adesso la pennello come non mai.
Però poi:
Occhio a quella crepa nell’asfalto, quello sarà umido o solo ombra, stai centrale che magari scende l’agricolo in Panda e canotta, e quelli tagliano le curve con la facilità con cui tagliano l’erba di campo.
Insomma, in pochi battiti di cuore, mentre ho ancora due dita della mano destra abbarbicate alla leva del freno, proprio mentre la punta dello stivale destro va a cercare la leva del posteriore, la curva è irrimediabilmente rovinata, l’entrata è troppo tarda, la moto deve scendere veloce e tanto, la raddrizzata con correzione è obbligatoria, la mano destra si chiude in avanti, esita e poi si ritorce, ormai tardi, all’indietro.
Esco dalla piega come un camion carico di blocchi di tufo.
Mannaggia.
Cosa serve per fare una curva perfetta?
Bisogna arrivare veloce, andare subito a prendere la corda con chirurgica precisione.
Si certo, ma non basta.
Infatti. Bisogna entrare veloce, avere una percorrenza lineare fino alla corda e progressiva dalla corda all’uscita, fino a quando si sente che la moto raddrizza ed allora si martella con gas.
Ok, vero, ma poi?
Già, è anche necessario che il busto si abbassi sul serbatoio, mentre all’unisono la chiappa interna scivola fuori assieme al gomito, la testa si protrae verso l’asfalto e il collo si torce per permetterti di cercare la traiettoria di uscita. La legge è legge: lei andrà dove stai guardando, come per un sortilegio dal quale è impossibile scampare.
Per cui se mentre calibri gli etti da mettere col tuo palmo sulla manopola interna, "lei" si lancerà verso il punto che si è fissato nella tua retina, disegnando su un'ideale lavagna una serie complessa di formule fisiche incomprensibili, ma che son pur tuttavia l’assieme di quel che si sta svolgendo.
Ok ma questa è la postura, è la componente artistica per quanto anch’essa indispensabile alla perfezione di una piega.
Quante volte ho messo assieme tutti questi requisiti imprescindibili, per poi buttarmi dentro, ed a volte mi pareva di essere finalmente riuscito a dare il colpo di genio, la punizione di Baggio, una nuvola del Caravaggio, un grappolo barocco di Mozart, una quartina dell’Alighieri.
Macchè.
Uno dei miei compagni di scorribanda, proprio in quel momento di soddisfazione, mi passava in uscita, 10 gradi più basso di me, 10 chilometri all’ora più veloce di me, e rimanevo lì a tentare di inseguirlo con l’impressione che provarci fosse inutile, vano quanto cercare di correre dietro, a piedi, a una pietra lanciata con una fionda.
Un giorno, come per tutte le grandi scoperte del passato, entrò in gioco il caso.
O forse il fato.
Più probabilmente l’empirismo, senza tanti fronzoli.
Nel senso che in Val di Cembra, uno dei più bei "misto veloce" che conosca, col nove-nove-otto entrai impiccato in una curva che ricordavo fosse aperta, ed invece chiudeva, ma chiudeva proprio di brutto.
Nella frazione di secondo in cui realizzai questa amena novità pregai San Metzeler e feci l’unica cosa che mi rimaneva da fare: buttai giù la moto e provai a fare la curva con la fede del disperato. 
Solo il tempo di rendermi conto che l’asfalto era quella cosa grigio-rossiccia che passava a qualche palmo dal mio casco, e mi trovai fuori quasi incredulo. Veloce come non mai, perfino.
Buono, analisi.
Che è successo, ripassa i dati: sbaglio, giù, tutto l’automatismo, che è cambiato?
Niente, solo avevo aggiunto l’ingrediente mancante, quello che fa la differenza tra la zuppa di fagioli dell’osteria di fronte e quella di Vissani.
Ci avevo, per forza degli eventi, messo la fiducia.
Fiducia nelle gomme, nell’asfalto, nella società di manutenzione, nel mio meccanico, nel telaista della Ducati, nel tecnico delle sospensioni, ma anche (e soprattutto) in me stesso.
Da allora capii che la ricetta giusta per la piega perfetta necessitava di quell’aggiuntina vitale fatta di un pizzico di fiduciosa incoscienza, nel prendere il raffronto con quel pezzo di asfalto come se fosse la cosa più impellente della mia esistenza, come se per vedere il resto della mia vita dovessi per forza passare attraverso quell’arco bitumoso il più presto possibile come se fosse un portale quantistico.
Iniziai allora a godermi la piega, quella vera, che è armonia, unicità di movimento e angoli che si pensavano assurdi e da aspiranti suicidi.
Intendiamoci, non sempre, a volte entrava in gioco una variabile che poteva essere l’ìincognita, un dubbio, e allora riecco la curva a puntate, il piegus interruptus, magari per una, due, tre volte, fino a che non si ripeteva, come una liberazione, la nuova magia della pennellata, strizzata di palle sul serbatoio, avvolto nell’amplesso, proteso morbidamente in mollezza plastica su un abisso che improvvisamente si azzerava quasi, il polso che si metteva da solo nell’angolo ideale, pronto a scaricare il resto della scuderia, l’occhio che già cercava la corda successiva, i terminali che passavano dal borbottio scoppiettante al gorgoglio in crescendo, per poi urlare con la fierezza di Simba….
Una volta il giochino è andato male.
La fiducia cieca espone e comporta accettazione di poste più elevate.
Ma mi manca, mi mancherà lo stesso, sempre.

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Filmati e foto / L'hai tolta la cera?
« il: 23 Maggio 2012, 22:13:50 »

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Drive in / Non quaglio io o che?
« il: 22 Maggio 2012, 17:06:07 »
Ma come, 4500 euro?  sm17
Per caso non le vuole più nessuno?  sm443

http://www.subito.it/moto-e-scooter/ktm-350-sx-f-4-tempi-vicenza-42508053.htm

Oppure c'è qualcosa che puzza e io non ci arrivo?

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Fotografia / Yellow Submarine
« il: 22 Maggio 2012, 16:26:11 »




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Se a fine settimana non sono "fatto" come una cozza scotta ci vado, trovo qualcun altro?



Ehm.. non ho precisato ma.. vado solo a guardare, eh?  sm453 sm453 sm453 sm453

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Notizie e curiosità / E a noi rompono con il bollino blu...
« il: 20 Maggio 2012, 20:34:53 »


A me quelli lì non son mai piaciuti...   sm453 sm453 sm453

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Fotografia / Il polso leggero
« il: 19 Maggio 2012, 09:50:53 »

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Racconti & aneddoti / 75 lire al litro
« il: 18 Maggio 2012, 20:29:48 »
Ancora me lo ricordo a distanza di tanti anni, meglio non pensare quanti. Il primo cinquantino faceva il pieno con meno di 800 lire. io andavo dal benzinér con la tanica militare, 10 litri per volta e con il resto di 1000 lire mi compravo anche qualche cazzaruglio dal tabacchino, oppure Motocross in edicola, se era uscito. Balzò rapidamente a 90 lire, nel giro di un paio di stagioni. Quando arrivò, fine agosto del '78, a 400 lire al litro, con un balzello malefico ed esoso (circa 50 lire in un colpo) pensai che era davvero una esagerazione, e che oramai dovevamo essere al limite dell'aumentabile.
Quando si è giovani si pensa solo in modo ottimistico, a prescindere.
Quando sono tornato in moto, nel 2003, facevo un pieno alla Pegaso e poi al Duca con 8 euro scarsi. Con la Multistrada iniziai con circa 10 euro, che sono diventati 20 con la ADV, esattamente il doppio, l'anno sorso ed a distanza di soli 6 anni. Eppure 20 litri per entrambe. Sabato scorso ho fatto per la prima volta 25 euro.

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Racconti & aneddoti / Napoli violenta
« il: 18 Maggio 2012, 13:33:25 »
correva l'anno 1974, come si dice. Allora vivevo in quel di Napoli, dal momento che il Genitore era nella logistica militare. In quel periodo, il mito di tutti noi ragazzini era un gruppo di ventenni (o giù di lì) che frequentava i posti bene sempre e solo in sella alle loro motociclette. Per lo più Bonneville, Commando e BSA, abbigliamento in stile Marlon Brando e RayBan giallli oppure azzurri. Il loro passatempo preferito era la discesa da Via Orazio a tempo cronometrato, con la particolarità che veniva staccata la bacchetta del freno posteriore. Stranamente, non era un gruppo di truzzi, come mi vien da pensare rileggendo quel che ho appena scritto. Forse però lo sarebbero oggi, non so. allora c'era il capello lungo il collo e la basettona a tutto mento, il jeans original-american e la camicia con colli larghi quanto i tovaglioli di una trattoria. Una torupe cinematografica si impiantò di punto in bianco nel cuore metropolitano. E i ragazzi in questione furono contattati da un paio di personaggi in Fiat 125 targata Roma. C'era bisogno di un gruppo di "cattivi in motocicletta", e loro sembravano ideali. In effetti lo erano, ma le riprese durarono un po' più del previsto: prima fu necessario far capire che al gesto che equivaleva il Mediano "Scatenate l'inferno" l'auto con la telecamera non doveva necessariamente venire superata in monoruota. Ristabilite a fatica le regole all'interno di un gruppo di veri lupi della prateria, il gruppone sfilò quasi per intero su per Via Posillipo e lungo Via Petrarca, tra ali di ragazzine sognanti. Quasi, dico, perchè le poche giappe non furono accettate: i Kawa lasciavano una nuvola di fumo che oscurava le riprese.
Per la scena dell'inseguimento si rese invece necessario il reclutamento di uno stunt, e di una moto in grado di reggere alle sollecitazioni date dalle evoluzioni (improbabili) nel duello tra auto e motocicletta. Irruppe sulla scena per la prima volta...una enduro stradale. Nella fattispecie, una Suzuki TS400.
http://www.youtube.com/watch?v=IF5TZSFe1xY&feature=topics
Non trovo invece il gruppone compatto. Se qualcuno riuscisse nell'impresa...

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Racconti & aneddoti / Mike "The Bike"
« il: 16 Maggio 2012, 21:47:47 »
All’epoca rientrava nella “normalità” che un pilota caduto e (anche) fratturato in prova prendesse “regolarmente” il via in gara. O quando dopo un pauroso volo in corsa riusciva a riprendere la propria cavalcatura e a ributtarsi nella mischia senza … leccarsi le ferite. Chi scrive queste note ha visto piloti gareggiare, dopo incidenti con fratture (braccio, clavicola ecc.) subìti nella corsa disputata due ore prima, in un’altra cilindrata. Pazzi? No. Smisurata passione (per tutti) e impellente necessità (per molti) di portare a casa … la diaria della seconda partenza …

Amarcord fa un salto indietro, nel 1965. E’ l’anno del debutto di Giacomo Agostini con la MV Agusta nelle 350 e 500. Il centauro di Lovere guida per la prima volta in corsa la mezzo litro di Cascina Costa nell’ouverture tricolore del 19 marzo all’autodromo di Modena. Vince a mani basse, senza avversari, anche se cade all’ultimo giro. Il bello avviene la settimana dopo sul tracciato rivierasco di Riccione dove per la prima volta il numero uno della MV Mike Hailwood (già quattro volte campione del Mondo, 10.000 sterline d’ingaggio annui!) fa la “brutta” conoscenza di Mino.

E’ il primo match (finirà 42 a 30 a favore di Mike) e il nuovo poulain del Conte Agusta batte il fuoriclasse inglese. E’ l’apoteosi. Divampano le polemiche. Nasce il mito di Ago. Pochi giorni dopo inizia il mondiale e Agostini, pilota straordinario e di grande intelligenza, capisce che è meglio fare una stagione di apprendistato dietro l’illustre caposquadra. Ma nella corsa più dura e blasonata, al Tourist Trophy dell’Isola di Man, arriva l’occasione per il colpaccio.

A metà gara, in una giornata del diavolo (acqua, grandine, nevischio e nebbia), Hailwood al comando delle 500 incappa in una spettacolare caduta sui 200 all’ora. Evita miracolosamente alberi, pali e muretti e dopo una lunga strisciata sull’asfalto finisce fra il pubblico assiepato ai bordi del micidiale tracciato. Mike, disteso sull’asfalto sotto la pioggia battente, è stordito, ha la tuta a brandelli, il rosso del sangue marca il nero del cuoio. (Solo più tardi si saprà di quattro costole, un dito della mano e due dita del piede fratturati, oltre alle escoriazioni varie).

Qualcuno gli porge una boccetta di whisky, gli passano una… sigaretta accesa, tutti lo acclamano e lo incitano. La notizia che Agostini ha nel frattempo guadagnato la testa della corsa lo spinge come una molla a rimettersi in piedi e a sollevare la moto (la MV 500 4 superava i 200 kg!) per tentare di ripartire. Il motore è fumante e la moto gronda olio e benzina. Il plexiglass della carenatura è a pezzi. Quel che resta viene eliminato con un paio di pugni. A calci il pilota raddrizza il manubrio ed elimina la leva del freno posteriore, penzolante.
Sale in sella, lo spingono in discesa ma il motore recalcitra. Poi finalmente l’urlo rabbioso della “quattro”, anche se la plurifrazionata italiana “perde” un cilindro e viaggia, per i primi chilometri, a “tre”. Alla fine della corsa mancano tre giri (al Classic TT un giro corrispondeva a Km 60,270 !!!) e Mike si getta a capofitto (monogomma Dunlop, la stessa per asciutto e bagnato)) nei dislivelli del Mountain.

Una danza infernale, una mirabile pittura. Quando si dice l’arte di correre in motocicletta! Hailwood lima i muretti in mezzo ai paesi, si arrampica (fino a 750 metri di altezza) nei tornanti in salita fra il nevischio; allo Snaefell una folata gelida dei venti del nord lo ributta quasi a terra; torna a saltare sulla schiena del Ballaugh (sui 220 Kmh); poi giù al “Governor’s Bridge”; infine a 249 kmh piomba sul dritto di Douglas.

Un altro giro così ed è record sul bagnato: 166,500 kmh! (Riguardatevi il giro record di Shanghai sull’asciutto con le 800 MotoGp …). I meccanici della MV sono allibiti. Il pubblico è tutto in strada ad agitare ombrelli, fazzoletti e bandiere. Uno dopo l’altro Mike agguanta i fuggitivi. Un recupero su Agostini in testa, di quasi … 5 minuti!

E’ l’ultimo giro. Agostini è nel mirino, ancora pochi secondi ed è il sorpasso. Ma la quattro cilindri dell’italiano s’ammutolisce e l’inglese vola verso il trionfo e verso il suo quinto titolo iridato. Tagliato il traguardo, Mike sviene fra le braccia dei meccanici.

Una corsa mozzafiato, di cuore e audacia saldati con la tecnica più raffinata e l’intelligenza più viva: un esempio di straordinaria volontà, di indomito coraggio, di voglia di vincere. Questo era “Mike The bike”, il re della massima cilindrata, il fuoriclasse capace di meravigliare sempre e di vincere spesso in tutte le cilindrate, (50, 125, 250, 350, 500 GP e 750 Sbk, con motori a 2 e 4 tempi, monocilindrici, bicilindrici, tre, quattro, cinque, sei cilindri!), 9 volte campione del mondo in moto, un grande anche in auto, un vero gentleman. Forse, con Tazio Nuvolari, il più grande campione del motociclismo di tutti i tempi.

[Massimo Falcioni]