Stavolta mi tocca dare ragione a Cereghini
http://www.moto.it/news/nico-cereghini-la-prima-emozione-non-si-scorda-mai.htmlLa mia prima emozione, quella che è diventata "Quella", la indimenticabile, è forse il frutto di quelle notti passate a desiderare, ai pomeriggi dopo lo studio spesi a leggere e rileggere le prove su Motocross, spulciando le foto come un analista della CIA. Columbus, Akront, Chiaravalli, Ceriani, Grimeca, Tomaselli, Magura. Una febbre che mi ha marchiato e che mi fa propendere tutt'oggi per chi usa componenti di qualità, perchè hanno una loro funzione e danno plusvalore pratico a una moto.
Anteprime nei giretti con i cinquantini degli amici che l'avevano già, con slancio quando si trattava di una Cross o una Regolarità Casa (allora si chiamavano praticamente tutte così, di secondo nome) e cercando di non essere scortese o snob se si trattava di una stradale, perchè io sognavo il tassello e per me non avevano senso le ruotine smunte con quelle righine tristi nel mezzo. Ad eccezione forse per lo Zeta-Zeta, che oltretutto odorava di maschia benzina Super e ne mostrava gli aloni attorno al Dell'Orto a vaschetta separata.
La fase di preparazione a questa emozione si sviluppò nella presentazione ufficiale della mia scelta, che sforò il budget destinatole a livello familiare, proseguì nella uscita con mio padre un sabato mattina, ed ebbe l'epilogo al cospetto della Eletta nel piccolo salone del concessionario, con la sella ricoperta da un cellophane e il grasso abbondantemente cosparso sui leveraggi e sulla catena. Seguì l'ultima, breve parentesi durante la quale fui invitato dal genitore, dotato di proverbiale ed austero riserbo, ad abbandonare la discussione, per lasciarlo libero di svolgere "le cose di sua competenza". Gli ultimi minuti da persona normale.
Quei minuti, benchè con la solerzia di un impiegato delle Poste che evade il pagamento del tuo bollettino del gas, alla fine trascorsero e l'omino in maglione marrone portò fuori l'Eletta, in strada. Le si imbiancarono le sommità dei tasselli e non mi dispiacque, anzi mi sembrò che le venisse data giusta iniziazione a quella che era finalmente la propria vita, la Nostra vita.
tanichetta con miscela, un litro scarso nel serbatoio, rubinetto della benzina, attesa del riempimento del carburatore, spiegazioni di rito (e chi le ascoltava? Tanto sapevo già tutto, e probabilmente una febbre da cavallo), una scalciata sulla leva della messa in moto, e l'emozione partì con un calcio in culo paragonabile a quello del J79. Il tintinnio dallo scarico mi sembrava quello di monetine nella tasca dei pantaloni, il contatto con le manopole fu sensuale quanto lo sfiorare un seno femminile, cosa per la quale mi mancava ancora un annetto circa. Il contatto con la sella, il piede sulla MIA pedana a cercare la MIA prima da ingranare. E poi, senza nemmeno salutare, lasciando da solo il vecchio col concessioanrio, stacco di frizione, e fu un'epopea di trionfo, un senso che ho cercato tante volte in tante cose della vita, ed è sempre stato di sapore diverso. Quello era unico: era il sentire l'andare sulla propria moto, generare autonomamente il vento sul viso, gestirla e conoscerla, imparare ad essere, finalmente, un motociclista. Il mondo, a 14 anni, si può possedere con un cinquantino dal serbatoio verde inglese e una marmitta che fa il rumore di monetine in tasca.