1400
« il: 15 Novembre 2012, 19:42:50 »
Ho accompagnato il mio vecio a ritirare l'auto dal meccanico (quello mio, almeno ha smesso di farsi fregare dal suo) e appena entrato in officina vedo una RC8. Butto lì un “è in vendita?” “Ma se l’ho appena comprata!” 9000 Km, 7000 cucuzze: sarebbe stata da prendere anche facendo i debiti.
Quattro parole, e dopo mezz’ora son lì con l’attrezzatura. Scavalco: è durissima di sella, ammazza quanto è scomoda… poi divento solidale con Sergio quando lamenta problemi di “volume” con il serbatoio delle semimanubri. Il fatto è che o mi si sono accorciate le gambe, o in 3 anni l’hanno allungata: adesso ci sto su perfetto, come tagliata su misura, quando ci salii la prima volta mi sembrò di essere come strizzato tra i manubri e le pedane.
Ci saranno stati anche 14 gradi, avrà anche avuto le gomme nuove, avrebbe dovuto anche andare in temperatura, ma… appena sono stato a distanza di sicurezza “sonora” io ci ho dato perché ero volutamente andato verso un bel rettilineo senza accessi laterali. Progressione da supersportiva, inizi la schiena verso i 4000 giri e quando molli a oltre 7000, come nel mio caso, la stai ancora percorrendo.
Stop. Staccata prudente, inizio appena pastoso, poi azzannata sicura, decisa, niente progressione. Bella. Ma tutta sui polsi, come è logico. Mi sento imbranato più del solito, coi semimanubri. Eppure sono una cosa che sogno ogni giorno, forse solo perché mi sono preclusi. Comunque le leve per me danno una postura innaturale, sono troppo orizzontali e mi costringono a una piega dei polsi di qualche grado in più, giusto per affaticare e per far caricare meglio le giunture in frenata. Ma il proprietario sarà un metro e settanta, mi par giusto.
Mentre sfila il codazzo causato da un camion, la sento borbottare allegra sotto di me, manatina e diventa un ringhio poderoso, ma corretto e perfino elegante, almeno nel casco.
Finalmente si parte, giù il cambio, sparisce la lucina verde. Staccatina di frizione disinvolta, da chi ormai conosce la sua pollastra. Virgolone a destra, mollo, la pollastra si riallinea, strano modo di dirmi che le piace che le si dia del Lei per un periodo più lungo. Ho passato troppo tempo con il cugino minore sotto al culo, quello pigro che han spedito a lavorare sulle strade bianche.
La strada sale a semicurvoni ampi, noti. Posso osare l’osabile, magari un pelo meno è meglio, ma comunque osare. Terza, sfila via in un attimo una 147 nera, poi c’è da impostare quella Dx che chiude proprio alla corda. Va giù finalmente, non si fa pregare, percorro sui 4000, aspetto un po’ dopo la corda per erogare e poi su, di nuovo 4^, 5^ e subito freni, giù due, finalmente c’è il cava tappone di Combai, ambitissimo trofeo che i motari di più province vengono a guadagnarsi specie in discesa, dove c’è da uscire dal piano a Sx, raddrizzare rapidi scalando e staccando, e cercare una percorrenza fluida a Dx per un tornantone aampio, di almeno 170°. Ma sono in salita, speriamo che la seconda sia giusta. Una cippa, giusta: lascio pazializzato e appena in piega continua a chiedermene, qui i tornanti o li fai veloci o ti sdrai insomma, ok. Il minimo indispensabile di benza in più e mi tira fuori, un caramba si volta assieme all’uomo con cui stava parlando in cima alla salita, mollo tutto e faccio un ampio cenno con la testa verso di loro. Mi ignora.
Passo il paese a velocità codice meno qualcosa, poi ecco la strada del prosecco , inizia con una secca 90° a Sx, poi subito pif-paf dx-Sx-Dx e via andare. Poco dopo mi fermo. Mi verrebbe da piangere. Quanto ti amo! E praticamente non ti conosco ancora.