Eccomi qua. Missione compiuta!
Chi si era già seduto su una Caponord, quella macchina da viaggio incompresa nata nel (mi pare) 2001, rimarrà un po’ sconcertato, e così anche chi si è seduto su altri Mammuth da crociera: la nuova Aprilia è contenuta, snella, ben dimensionata (forse un po’ troppo sviluppata, esteticamente, in senso longitudinale) ed assomiglia sia per posizione in sella sia per distribuzione dei pesi ad una Cruiser piuttosto che ad una Crossover. Perché, in fondo, crossover non lo è per niente. Endurona meno che mai. E’ una gran macchina da misto veloce con al seguito, ma solo come possibilità addizionale, bagagli e ciarpame vario da viaggio.
L’esemplare che mi viene presentato è di un tristissimo grigio, io mi domando sempre come mai una moto possa essere concepito nel colore più squallido anche per le auto. Ha il rack per le valigie, ma non le monta. E’ dotata di quello che Aprilia definisce il Travel Pack, che al contrario di qualche collega di altra marca è tutta roba utile: l’ADD (Aprilia Dynamic Damping), l’ACC (Aprilia Cruise Control), la coppia di valigie da 29 litri di capienza (scarsine, a dirla sincera) in tinta con la moto e il cavalletto centrale, che anche qui è optional come da scuola di pensiero di tendenza.
Il bello è che tutto, ma proprio tutto, è disinseribile. Quindi se uno vuol andare in moto “come ai bei tempi” può benissimo farlo. Gran senso di liberazione.
Iniziamo subito a dire che il terreno di prova non è ottimale: mi trovo verso Treviso, e i primi colli sono quelli del Montello. Però Cesare mi dice subito che ho mezzora di tempo, anche se con una certa rassegnazione aggiunge in fretta “circa”.
Mmmh 125 cavalli, un bel po’ in meno della concorrenza. La sella è alla stessa altezza della Multistrada vecchia, la scavalco senza problemi. Vediamo adesso come va.
Da fermo nessuna sensazione sgradevole di sbilanciamenti, il manubrio è lì dove vanno le mani, le scapole si aprono il giusto. Le pedane sono dove deve averle una stradale.
La strumentazione sembra minimalista ma ha tutto, io la lascio com’è, non mi interessa. Mi interessa il riquadrino che c’è sotto a sinistra, quello delle mappe (R, T, S) e mi incuriosisce quello della posizione del precarico del mono, lì accanto. Irritante, come sempre per me, leggere anche “Gear 0”, perché non ho mai capito la necessità di dover leggere su un display in che marcia sei.
Il tutto, comunque, si comanda con le dita, o meglio principalmente coi pollici, e per forza di cose lo spazio sacrifica alcune funzioni, ad esempio il Traction Control non è proprio facile da raggiungere. Ma chi se ne frega, dentro la prima, e dico a Cesare che se intanto mi vende la Culona non mi offendo.
La Pontebbana scorre tranquilla, l’asfalto è buono, ma troppo dritto, prendo verso il Piave, rassegnato a dover cercare indicatori nelle condizioni della strada e non nell’altimetria.
Mi viene in aiuto un tratto che porta a una Z.I., i camion hanno maciullato per bene la pavimentazione, l’effetto che ne deriva è che, semplicemente, non me ne accorgo. In sostanza, il Dynamic Damping ha dei sensori che dicono alla centralina dedicata come stanno lavorando le sospensioni, ed a che velocità girano le ruote ed il motore. Se occorre, Aprilia non si è fermata qui: alla bisogna, a questi dati si aggiungono quelli di frenata, accelerazione e posizione della manopola.
Ah si? Allora proviamo: finisce l’asfalto fetente e giù la manetta, sono in terza e la moto parte come fosse precaricata, la trazione è perfetta, la coppia va a finire tutta sull’asfalto e non ne perde una goccia.
La 1190 ADV in questo frangente mi aveva preso alla sprovvista, qui è stato tutto estremamente naturale. Forse proprio perché tutti i sensori si parlano e capiscono cosa fa la moto nella sua interezza, e non un pezzo alla volta.
Non è facilissimo andare a buon ritmo per le strade di pianura, le curve sono quasi sempre a 90°, i trasferimenti di carico ripetuti sono rari, ma qualcosa si riesce a fare. Dai, molli, cambi direzione… ti accorgi che il telaio è Aprilia, mai uno sbaglio, sopporta bene la staccata, scompare in percorrenza, e in uscita non si scompone di un centimetro, a patto di farla scorrere, altrimenti la senti appena legnosetta nella discesa e nel raddrizzare.
E’ ora di provare la mappa S. Va via come una bombarda, il rumore del v90 è il solito, entusiasma e porta a non mollare. Per contro, la frenata è Brembo come “diocomanda”, magari la Culona frenasse il 70% di come frena questa qui, sempre ben sostenuta dal solito confabulare dei sensori, che fanno in modo che tu possa trovare sempre il debito supporto nella staccata. Altro che sensazione del “bassetthound steso” cui si è costretti con blasonate bavaresi!!
Il tempo, come la strada, con questa moto vola. E’ ora di riportargliela. “Mi hai venduto la moto?” eh si, perché altrimenti soldi per comprartela non ne ho.
Bella però, mi piacerebbe. Molto più che non la 1190 ADV sm443