Autore Topic: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio  (Letto 1605 volte)

sgnaus

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Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« il: 19 Giugno 2013, 10:35:21 »
“Papà ho fatto una relazione sul viaggio e mi sono accorta di non aver centrato la questione, di non essere entrata nel merito dell'argomento, mi sono limitata a parlare genericamente delle aspettative ma non ho valutato le sensazioni contingenti. Come posso essere meno stringata? Mi dai un'idea? Cosa posso dire sul tema del viaggio per sé stesso senza limitarmi all’aspetto paesaggistico della questione ed evitando le solite banali considerazioni sulla meta da raggiungere?”
 
Mondoboia, mi prendi un po’ in contropiede, sono stanco e andrei volentieri a letto, ma proviamo a ragionarci su insieme, un po’ come se tu fossi qui e non a Bath, a proposito: mi manchi.

Tanto per cominciare, inizierei col sottolineare che la meta da raggiungere non è mai un argomento banale, in fondo il viaggio lo fai per spostarti da un luogo all’altro e la meta è il motivo che ti porta a spostarti, certo non è l’unico argomento valutabile, insieme al viaggio ci sono vari momenti determinati dalla nostra personalità, dal nostro stato d’animo e dalla difficoltà intrinseca del viaggio e questi momenti, incidono molto su come vedi le cose durante un viaggio. Di certo c’è un fatto da sottolineare: quando si viaggia si entra in contatto con molte altre persone che fanno parte del tuo viaggio ma che spesso non sono in viaggio loro stesse, anzi sono in una condizione di assoluta normalità, di quotidianità, però entrano a far parte del tuo viaggio, quindi non è semplice spiegare come si possa fare parte di una cosa senza appartenervi in prima persona, mi verrebbe da pensare che infondo siamo tutti in viaggio, in ogni momento, ogni giorno, tutti.
Ti invito a ragionare su questo e sul fatto che il viaggio ti porta inevitabilmente chilometro dopo chilometro, ad entrare in tante realtà diverse, fatte di luoghi e culture nuove, diverse tra loro e dalla tua, respirando aria nuova e toccando suoli che non sono quelli che hai lasciato alla partenza, ma li calpesti ugualmente come se fossero tuoi, come se tu fossi cresciuta lì, usi il suolo e il terreno nello stesso modo in cui lo usa una persona “del” luogo e questo, ti porta ad un’altra riflessione da approfondire (ci sono testi in materia che ti possono aiutare molto di più di me): come è possibile dire che un luogo ti appartiene? Il viaggio e la vita, ti portano ad appartenere a diversi luoghi e  tu non diventi mai padrona dei luoghi, come possibile dire invece che un determinato luogo ti appartiene? Assurdo non ti pare? Secondo me la realtà delle cose è che noi non siamo assolutamente i padroni di nulla, siamo tutti inevitabilmente di questo pianeta, o forse siamo dei senza terra e il viaggio, che ti porta a respirare aria diversa, bere acqua di luoghi diversi e calpestare terreni differenti, ti dovrebbe far capire che il “tuo” luogo è quello in cui respiri, quello in cui vivi in quel preciso momento lì. Questo è il viaggio, questa è la vita, l’attraversamento di un’insieme di nuovi luoghi e nuovi momenti a cui tu appartieni e che non ti appartengono perché nessun luogo è esclusiva di qualcuno, singolo o gruppo che sia, quindi secondo me le persone che fanno parte del tuo viaggio ma non sono coinvolte in esso, in realtà sono loro stesse "il" viaggio. Cioè quando tu sei in un luogo ne diventi parte, esattamente come un albero, una casa o un lago, quindi chi t’incontra vede in te il viaggio stesso, il nuovo, l’emozione di un incontro casuale. È come quando chiedi:”Scusi per andare a Volterra, che strada devo prendere?” lo chiedi ad una persona che appartiene a quel luogo e non viceversa, perché il luogo non è suo ma lei "è" del luogo.
Il viaggio è il senso della vita, quello spostarti in su e in giù senza sentirti diversa, al massimo straniera cioè non di quel luogo, perché in ogni luogo in cui ti muovi porti con te gli occhi coi quali distinguere ovunque il bene dal male, il bello dal brutto, il buono dal cattivo, il fondamentale dal superfluo.

C’è molto da dire sul viaggio, il viaggio ti porta ovunque geograficamente, ma non è solo una questione di spazi, non è solo una questione di chilometri, perché si può essere molto lontani anche a pochi passi da casa. Il viaggio è filosofia perché ti apre e ti chiude porte ovunque e certamente, con la mente arrivi più lontano di dove arriveresti con qualunque mezzo.

Se ho fatto casino, ne riparliamo domani io ho sonno adesso, ma mi raccomando non con what’s-up perché divento matto con le dita grosse a digitare tutte quelle parole!

Notte Amore mio
« Ultima modifica: 19 Giugno 2013, 17:56:41 da sgnaus »

Offline alex

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Re: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« Risposta #1 il: 20 Giugno 2013, 11:38:11 »
... il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio... sempre. Il viaggiatore ritorna subito.

[Josè Saramago, Viaggio in Portogallo]
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sgnaus

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Re: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« Risposta #2 il: 20 Giugno 2013, 11:52:17 »
... e anche parlarne diventa viaggio... che bello!

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Re: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« Risposta #3 il: 20 Giugno 2013, 14:06:23 »
Ma che senso ha, la moto, che senso ha il viaggio? Sicuramente personale e nostro, intimo come la canotta, per certi suoi aspetti anche indecifrabile, come se fosse una poesia capitata in mano a un commercialista.

Insomma, ognuno ci mette quel che porta in testa o nel cuore, però credo che una trama generale ci sia, e che sia fatta di momenti, non di situazioni permanenti. Di piccoli pezzi di vita in cui ci si accorge di quanto e come sia importante la moto in sè. Insomma è come quando ti rendi conto all'improvviso che stai andando, ti senti bene e ti chiedi perchè, e la risposta che ti sale alla mente stupisce perfino chi l'ha creata: dondoli sulla strada, il casco ti protegge da quel che c'è fuori, sei seduto su un piccolo universo a sé stante che viaggia alla stessa velocità della Galassia, dell'intero Cosmo, ma con regole del tutto proprie. Dove andare, a quanto andare, alza la visiera, richiudila, fai scorrere, strattona quellla manopola, accarezza il gas oppure dagli una manata secca e piena...in base a quel che ci va in quell'istante, e tutto questo significa, solo e comunque, che tu e la moto avete quel tempo, quel pezzo di strada, quel cielo, i pensieri nuovi, il vento... solo per Voi, e in nessun altro pezzo di vita questo può capitare.

Il vento, già... per avere senso lui ha bisogno degli ostacoli che incontra. E credo che lo stesso valga per le persone. Se la vita fosse una strada lineare, senza alcun attrito, probabilmente non sapremmo di esistere. Non riusciremmo a sentirci. Non potremmo conoscerci. Ecco perché le persone più belle sono sempre quelle alle quali il mondo ha fatto più resistenza. A loro, la vita è entrata dentro di più.
Forse, il viaggio è allora Te al cospetto del Tutto, nel Vento.
« Ultima modifica: 20 Giugno 2013, 14:08:11 da alex »
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sgnaus

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Re: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« Risposta #4 il: 20 Giugno 2013, 14:17:57 »
credo che viaggiare sia innato, sia come un richiamo atavico che smuove prima la mente e poi il corpo, una forza irrefrenabile che trasforma la frontiera in un tesoro, la strada in una promessa e la meta in un miraggio. gli uomini viaggiano e si spostano di continuo, trasformano i chilometri in esperienza e poco importa cosa ci sia di mezzo, cioè se si viaggia per neccessità o per diletto, il punto è che l'uomo è un animale senza barriere, quasi senza origine come se il suo tererno ideale fosse sempre quello  che non c'è.
la moto è un mezzo, fantastico a modo suo, io ho sempre ritenuto che viaggiando in auto racchiudi un poco dell'aria di casa tua e vai, ma quando sei in moto respiri l'aria del mondo e se ti fermi ad un semaforo, posi i piedi su terre lontane. la differenza è sostanziale.
quanto poi al vento sulla pelle è il segno indelebile della voglia di andare avanti di ognuno di noi, l'appagamento per aver percorso anche solo un tratto del lungo viaggio che stiamo facendo, noi uomini siamo sempre in viaggio, lo siamo tutti, questo ci unisce e ci dovrebbe rendere più solidali

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Re: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« Risposta #5 il: 20 Giugno 2013, 14:29:05 »
noi uomini siamo sempre in viaggio, lo siamo tutti, questo ci unisce e ci dovrebbe rendere più solidali

Piano con questa moda delle accoglienze  sm472
Con la moto il viaggio è più viaggio. respiri quello che ti circonda, non hai filtri nè barriere nè gusci protettivi. Hai lo stretto indispensabile con te e nulla più, devi organizzarti per tutto lì dove ti trovi e questo è forse il vero richiamo ancestrale.
occorre rifuitare le tecnologie, che mortificano questi legami e li trasformano in un semplice "percorrere".
Io spesso, recentemente, ho scelto la strada da fare guardando il sole come fanno i navigatori del deserto. Che non son quelli con le enduro e i GPS. Sono le tribù nomadi cammellate..
« Ultima modifica: 20 Giugno 2013, 14:34:00 da alex »
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Re: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« Risposta #6 il: 20 Giugno 2013, 14:33:36 »
noi uomini siamo sempre in viaggio, lo siamo tutti, questo ci unisce e ci dovrebbe rendere più solidali

Piano con q
piano con q..osa?  :tim:

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Re: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« Risposta #7 il: 20 Giugno 2013, 14:35:08 »
m'è partito lo sternuto con un tasto che ora non saprei riconoscere  :73:
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Re: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« Risposta #8 il: 21 Giugno 2013, 11:18:02 »
Comunque il viaggio è vivibile se accettiamo di essere diversi da quelli che siamo tutti i giorni. Se restassimo tali nemmeno il viaggio più avventuroso, lontano, ignoto potrebbe donarci qualcosa. Forse è per quello che molti congelano sé stessi appoggiati a un cartello, per ricordare anche a loro di essere passati di là, ed è tutto quel che avranno di quel viaggio. Dentro abbiamo sensibilità e capacità romantiche, tutti, anche se non lo sappiamo, anche se lo neghiamo. Un lato debole che può perfino farci paura riconoscere e tirare fuori, eppure la magia del viaggio non può palesarsi senza il poeta. Il poeta che dentro una finestra scolorita dal vento legge speranze, sospiri, e delusioni. Il poeta che, dietro alle nuvole, immagina le loro forme, e legge le miriadi di sfumature del cielo che si riflettono nelle pozzanghere. Il poeta riesce a leggere i sussurri del vento nei campi ai bordi della strada, e le increspature iridescenti delle onde del mare che raccontano i ricordi. Ma soprattutto il poeta sei tu, viaggiatore, che leggi le persone, le storie nei loro sguardi, le cicatrici dei loro sorrisi, i loro silenzi. “Il poeta sei tu che leggi”. Proprio tu, che riesci a trovare la poesia ovunque.
Il poeta sei tu che leggi la vita oltre ciò che vedi.
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Re: Dialogo con mia figlia a proposito del viaggio
« Risposta #9 il: 21 Giugno 2013, 12:27:11 »
noi uomini siamo sempre in viaggio, lo siamo tutti, questo ci unisce e ci dovrebbe rendere più solidali

Piano con questa moda delle accoglienze  sm472
moda? tu la chiami moda? da sempre l'uomo si sposta e viaggia, da mai l'uomo è unico legittimo proprietario dei luoghi che occupa, da mai è leggittimato a individuare un "noi" e degli "altri" che sono sempre quelli dalla parte sbagliata e chissà come mai. siamo andati sulla luna, nello spazio e mai come singola individualità, se potessimo andremmo ovunque. il senso del possesso culturale del territorio è contrario al buonsenso, fondamentalmente è contrario all'uomo stesso, è un'ipocrisia che ha costruito solo barriere, muri, che qualcuno poi ha dovuto abbattere a prezzo della vita. moda tu dici, la moda del vivere bene esiste da sempre e se bastassero delle scatole per contenere le etnie, i campi di concentramento avrebbero ancora un senso, ma diciamo la verità, non è moda è solo la becera paura di chi dice che è solo per moda.
comunque non starò certo qui a dilungarmi, sai come la penso e non concordo affatto con te.