Autore Topic: Massimo Clarke: Due parole sull’interasse  (Letto 1694 volte)

Offline alex

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Massimo Clarke: Due parole sull’interasse
« il: 23 Gennaio 2012, 22:37:16 »
Riporto la parte che può interessare in senso generale - e quindi anche a noi - della appassionante (come sempre) spiegazione di Massimo Clarke in merito all'interasse.
L'intero contributo è leggibile qui: http://www.moto.it/news/massimo-clarke-due-parole-sullinterasse.html

L’interasse viene modificato spesso, quando si lavora a livello di assetto della moto, ma in genere ciò accade come conseguenza di qualche altra operazione, avente un obiettivo primario ben diverso. Il collaudatore non dice al meccanico “aumentami l’interasse”, ma qualcosa come “proviamo a montare un forcellone più lungo” o “mettiamo delle piastre di forcella con un maggiore avanzamento”. Queste due operazioni comportano entrambe un incremento dell’interasse ma si effettuano per altre ragioni. Un forcellone di maggiore lunghezza di norma si monta per modificare la distribuzione dei pesi e per ridurre la tendenza al sollevamento dell’avantreno in fase di accelerazione. L’avanzamento delle piastre della forcella (cioè l’”offset”) viene variato per cambiare l’avancorsa e non certo per modificare l’interasse.

È importante sottolineare che i parametri della ciclistica interagiscono tra loro. Se si interviene su uno di essi, cambia qualcosa anche per almeno uno degli altri. Per fare un esempio, se si varia l’inclinazione del cannotto, cambiano anche l’avancorsa e l’interasse. E via dicendo…
Ma andiamo con ordine.


Che cos'è?
L’interasse o passo della moto è la distanza tra l’asse della ruota anteriore e quello della ruota posteriore. Si tratta di un parametro della ciclistica al quale si pensa di rado anche perché quelli che veramente fanno la differenza (e sui quali è anche più facile intervenire) fondamentalmente sono altri. L’inclinazione del cannotto di sterzo o l’avancorsa di una 250 da competizione (va bene, oggi ci sono le Motodue…) sono praticamente analoghe a quelle che si impiegano sulle MotoGP. E lo stesso vale se facciamo un confronto tra le supersportive di 600 cm3 e quelle di 1000 cm3. Quando si tratta di interasse, però, la situazione è diversa. Insomma, una 250 è più piccola, e quindi anche più corta, di una motoGP, ma questo non vuol dire che faccia le curve più piano, anzi… Quello che è certo è che è più agile, anche a parità di angolo di inclinazione del cannotto di sterzo e di avancorsa, e ciò è dovuto sia al peso inferiore che all’interasse minore (e pure i pneumatici più stretti e leggeri hanno la loro influenza). Insomma, per ogni tipologia di moto, nell’ambito di ciascuna classe di cilindrata, l’interasse può variare entro certi limiti, rimanendo comunque all’interno di un determinato campo.

Parametri che interagiscono con l'interasse
Dunque, per quanto riguarda questo parametro, che viene influenzato anche dalle variazioni dell’altezza di assetto, conviene fare solo delle considerazioni di larga massima. E tenere presente che le moto sono di tipologie molto differenti e che, per quanto riguarda il loro comportamento, entrano in gioco anche diversi altri fattori, al di là delle geometrie della ciclistica. Basta pensare al peso, alla posizione del baricentro, e via dicendo. Per fare un esempio, in relazione alla cilindrata le moto da fuoristrada in genere sono molto agili, anche se hanno interassi più elevati, rispetto alle sportive. Il fatto è che sono leggere, hanno il motore molto compatto (voce importante ai fini della centralizzazione delle masse), ruote strette e dal peso contenuto; pure la posizione di guida e la “leva” della quale il pilota può disporre (leggi larghezza del manubrio) aiutano, in questo senso.
Dunque le osservazioni relative all’interasse vanno fatte tenendo conto delle diverse tipologie di moto e delle varie classi di cilindrata.

Come l'interasse influenza la guida
“Al crescere della distanza tra gli assi delle due ruote diminuisce il movimento di beccheggio”
È evidente che al crescere della distanza tra gli assi delle due ruote diminuisce il movimento di beccheggio, in eguali condizioni; l’affondamento dell’avantreno in staccata e il suo sollevamento in accelerazione tendono ad essere meno accentuati. Inoltre, la moto appare meno propensa a cambiare rapidamente direzione: il pilota avverte una maggiore stabilità ma al tempo stesso una minore maneggevolezza. E la guida tende a diventare più “muscolare”.

Massimo Clarke


19/01/2012
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