Autore Topic: Prova Royal Enfield Himalayan  (Letto 7532 volte)

Offline Lamberto

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Prova Royal Enfield Himalayan
« il: 19 Luglio 2020, 23:58:26 »


Ho sempre ammirato vedere le Royal Enfield inerpicarsi per i tortuosi sentieri Himalayani ma essendo esteticamente vecchie e tecnologicamente arretrate le ho sempre snobbate e non ho mai approfondito le loro caratteristiche. Poi sono incappato nei filmati di Noraly, alias Itchy Boots, una simpatica olandesina trentatreenne che con la Himalyan ha girato mezzo mondo in solitaria, e da allora mi sono visto decine di filmati e mi sono innamorato di questa moto al punto che l’ho comperata senza provarla anche perché dopo svariate ore di osservazione e con un po di esperienza avevo capito di cosa si trattasse. Ed in effetti, come ci sono salito sopra, mi sono ritrovato immediatamente, era proprio lei.
Sotto il profilo estetico certamente esce dai nostri schemi ai quali siamo abituati però personalmente ho trovato un fascino in questa moto che mi intriga.
Questa piccola moto rispecchia, meglio di tante altre, il concetto di moto totale, perché si riesce a fare di tutto però secondo i ritmi per la quale è stata progettata. Poi si sa che una dual, per sua definizione, va bene per tutto ma non fa bene niente.
La Himalayan è la prima Royal Enfield progettata anche per il fuoristrada, è affidabile e robusta e, pur essendo un prodotto economico, è costruita bene e non evidenzia componenti cheap come alcune realizzazioni cinesi.
Dopo aver percorso circa 1500 km su asfalto ed avendo fatto diverse personalizzazioni che dopo spiego in dettaglio, ho fatto una uscita in fuoristrada di circa 200 km con alcuni tratti dove sono arrivato al limite delle mie e delle sue capacità.
La Himalayan ha un motore di 411 cc ed ha circa 24,7 cv, il motore ha la corsa lunga e questo mix porta ad avere una erogazione estremamente lineare, i bassi sono corposi ed aiutano tantissimo però non ha mai picchi di potenza che rendano divertente la guida, il motore permette anche di avere un buon allungo. L’albero di bilanciamento per ridurre le vibrazioni è molto efficace al punto che il motore non trasmette vibrazioni, superando in qualità motori come quello delle piccole Honda e  Kawasaki. Per cilindrata e caratteristiche di segmento  il paragone è da farsi con la Beta Alp 4.0, vedremo poi le differenze.
Partiamo dalle note dolenti, come dicevo sopra, la moto risulta essere robusta e gli indiani per migliorare questa qualità hanno messo ferro in abbondanza, tanto che dalla prima versione la Himalayan è cresciuta di ben 12 kg, e il prossimo modello, my 2020, che sta arrivando in Italia pesa ancora diversi kg in più. La mia pesa 192 kg e per fortuna il baricentro è basso e quindi la moto non fa sentire il peso in città e nel fuoristrada leggero, quando però il percorso diventa impegnativo i kg si sentono tutti ma grazie alla ridotta altezza da terra (80 cm) si possono appoggiare i piedi per terra e salvare la situazione.
Un altro problema è la frenata anteriore, veramente scarsa. Mentre il posteriore è ottimo, progressivo e potente. Per risolvere la situazione ho montato delle pastiglie Brembo racing e, dopo un periodo di adattamento, la frenata ora è sufficiente ma non decisa, per avere questo risultato dovrei cambiare la pompa. Però abituandomi alla andatura e alla filosofia di questa moto ora non sento poi così forte l’esigenza di cambiare la pompa.
Infine, quello che per me è l’ultimo difetto importante, è il monoammortizzatore, un ciofechone che ho trovato molle nella prima parte per poi diventare durissimo, di peggio c’è solo il mono della Beta Alp 4.0.
Quindi ho montato una unità elastica della YSS con interasse variabile, così ho alzato l’assetto di due cm ed ora la moto si comporta decisamente meglio, sia in termini di confort che di reazioni sullo sconnesso.





UTILIZZO IN STRADA
Come dicevo, questa piccola moto incarna perfettamente il concetto di moto totale, su strada si viaggia comodi, la posizione di guida è ottima sia per piloti di bassa statura sino ad arrivare a poco più di un metro e ottanta.
La sella è abbastanza morbida e abbinata al motore che non vibra permette di fare anche gite fuoriporta di qualche centinaio di km, ovviamente ad andatura turistica, diciamo che a 100/110 km/h si può girare il mondo.
Io la definisco una moto da meditazione, perché mentre si guida gli ormoni bellicosi sono automaticamente sopiti e ci si concentra sul panorama e la cosa devo dire che è molto piacevole.
Comunque, a parte la scarsa potenza, grazie al baricentro basso, la piccola Royal Enfield permette anche andature sostenute e pieghe di tutto rispetto.
Per il passeggero c’è posto sufficiente mentre il confort della sella è minimalista, comunque sia per il pilota ed anche per il passeggero la casa produttrice ha a listino una versione “Touring” più comoda.
Passando ai consumi la Himalayan non è mai scesa sotto i 32 km/litro su percorso misto, città, autostrada e statali. Considerando che il serbato è da 15 litri l’autonomia è di oltre 400 km.






UTILIZZO IN FUORISTRADA
In questo ambito si sente che la moto è stata realizzata per questo utilizzo, ti fa capire che a destinazione ci arrivi sicuramente però rispettando le caratteristiche per la quale è stata progettata.
Diciamo innanzi tutto che la moto è sincera, come poche, mai una reazione strana. Ho provato tratti di mulattiera con sassi impiantati di varia altezza e la moto in prima ed in seconda marcia sale tranquillamente, le sospensioni assorbono bene, il motore nell’apri/chiudi non da alcuna reazione negativa, sembra quasi un motore automatico e questo aiuta molto. Lo stacco della frizione è dolce e non ho mai notato segni di cedimento. Come dicevo sopra ho sostituito il mono ammortizzatore, con l’originale non avrei sicuramente avuto queste sensazioni.
La forcella scorre bene e va in crisi quando si aumenta l’andatura perché la corsa è ridotta, volendo esistono diversi livelli di upgrade realizzati da Andreani.
La posizione di guida in piedi è buona e pur avendo guidato in piedi per decine di km non mi ha affaticato, a tal proposito ho montato dei riser al manubrio. La guida in piedi, dato il peso della moto è consigliabile perché come tutti i mezzi di un certo peso occorre assumere una guida fluida assecondando le reazioni, il baricentro basso permette delle correzioni di traiettoria sicuramente meglio di una Africa Twin o una KTM Adventure, però occorre stare sempre attenti. In discesa il freno motore aiuta parecchio data l’inerzia del peso.
I freni in fuoristrada si sono verificati efficaci e non ho mai sentito l’intervento dell’ABS, sulla versione 2020 è previsto un pulsante per la disattivazione, sul mio modello dovrei far fare la modifica, cosa di poco conto, però visto il comportamento per ora non penso sia necessario farlo.
Le coperture MT 60 sono ottime in tutti i frangenti tranne che nel fango, ho fatto un tratto di una decina di km con fango di diversa specie e qualche spaghetto l’ho preso.




Ho trovato diverse produttori di articoli per personalizzare la Himalayan, italiani, inglesi, indiani ecc.
Per adattare la moto alle mie esigenze ho fatto le seguenti modifiche:
-   Pastiglie anteriori
-   Barre paramotore
-   Riser per alzare il parafango anteriore (quello basso)
-   Riser per alzare il manubrio
-   Leve regolabili
-   Griglia parafaro
-   Rinforzo al portapacchi
-   Mono ammortizzatore YSS
-   Cupolino maggiorato
-   Paramani (non in foto perché appena montati)
-   Borse laterali anteriori




Infine un sintetico confronto con la Beta Alp 4.0 moto che meglio di nessun altra condivide le stesse potenzialità di utilizzo della Himalayan,  ho avuto sia la versione prima maniera che una versione più recente.
L’Alp 4.0 pur avendo un motore di cilindrata inferiore (350 cc contro i 411) ha qualche cavallo in più (circa 3) inoltre pesando 60 kg in meno permette di avere una moto più reattiva, per contro il motore Suzuki della Beta vibra soprattutto agli alti regimi.
La posizione di guida della moto toscana è abbastanza naturale, la sella però risulta particolarmente scomoda. Nella guida in piedi l’Alp 4.0 ha le pedane troppo avanzate quindi non si riesce ad avere una posizione che permetta un buon controllo, inoltre le sospensioni sono rigide e il telaio non lavora in armonia al punto che la moto in fuoristrada ha delle difficoltà, conviene andare adagio per non trovarsi per terra.







Dato che l'ho trovato interessante e ben fatto, copio qui un post trovato su FB. L'autore è un tale Roberto Recchioni, blogger e fumettista di un certo rilievo.


Due parole sulla Royal Enfield Himalayan.
GELÄNDE STRASSE FOR THE MASSES
Prima di entrare nello specifico della moto, concedetemi tre digressioni.
La prima è sulla casa che la produce, la Royal Enfield.
Marchio inglese tra i più antichi in ambito motociclistico, fallito in madre patria negli anni '70 del secolo scorso ma rimasto attivo in India, dove il modello Bullit ha continuato a essere prodotto negli stabilimenti in loco, fino ai giorni nostri. Negli anni '90 la RE è stata rilevata dal gruppo industriale indiano Eicher, che l'ha rilanciato con una gamma di modelli classici rivisti e con l'introduzione di nuovo prodotti.
La Royal Enfield è nota per produrre moto di piccola cilindrata, facili da riparare ovunque ci si trovi (come piacciono agli indiani), molto robuste e capaci di andare ovunque.
Se vi dovesse capitare di leggere di qualche diario di viaggio su due ruote in India, scoprirete che la RE c'è sempre di mezzo.
La seconda digressione è sul concetto di "moto totale".
Era il 1980 quando la BMW, stanca di vedere stravincere i giapponesi alla Parigi-Dakar, decise di realizzare un modello pensato proprio per quella massacrate competizione.
Ovviamente, lo fece alla maniera tedesca, trovando una sua strada del tutto personale che, inizialmente, venne accolta con un certo scetticismo. Quando però l'R80G/S dominò quattro edizioni del raid franco-africano, ci ripensarono un poco tutti.
L'idea della BMW era quella di creare una moto molto robusta, capace di andare su strada come su fuori strada (Gelände Strasse, appunto), di essere abbastanza comoda per i lunghi viaggi e, sempre in ottica percorrenza, di avere un capiente serbatoio. Nasce così quel concetto di "moto totale" capace di andare ovunque che, nel corso degli anni, tutte le case motociclistiche (compresa la BMW stessa) hanno cercato di reinterpretare e declinare a seconda delle mode e della necessità del tempo. La G/S di rivela un buon successo costante ma mai un fenomeno, in termini di vendita. Negli anni '80 è poco emozionante e troppo pesante, rispetto alle enduro prodotte dai giapponesi. Nei '90, quando esplode la moda delle supersportive, è una moto da specialisti. Negli anni '0, con il fenomeno Monster a guidare la carica delle naked, è una moto da vecchi. E' con gli anni '10 che la G/S trova la formula perfetta per diventare la moto più venduta al mondo.
Per farlo, però, si è devo "piegare" a vari compromessi, tra cui una più spiccata attitudine stradale e borghese rispetto all'anima da fuoristrada avventurosa delle origini.
Oggi tutte le maggiori case hanno in listino almeno un modello che appartiene alla stessa categoria del G/S. Certe cercano di giocare nel suo stesso campionato (la Triumph con la Tiger, per esempio), altre provano declinazioni diverse dello stesso concetto (la KTM con una serie di modelli esagerati in tutti gli aspetti, la Suzuki con la ragionevolezza, l'Honda con una predilezione per l'offroad, la Ducati con la velocità...). Tutte però seguono un discorso di fondo tracciato dalla BMW: moto sempre più grosse, sempre più pesanti, sempre più complicate sotto il profilo elettronico e meccanico e, ovviamente, sempre più costose.
Ultima digressione, il mercato attuale.
Per quando il BMW G/S sia il modello leader delle vendite e detti le regole del gioco, negli ultimi anni lo scenario motociclistico ha iniziato a cambiare e lo sta facendo in fretta.
Le moto, dopo la grande crisi degli ultimi anni, sono tornate a vendere bene e il settore in maggiore crescita è quello delle piccole cilindrate. La ragione è presto detta: i mercati asiatici e indiani, quelli in maggiore espansione, preferiscono cubature umane, quote accessibili anche ai motociclisti più bassi e prezzi alla portata di tutti. Dall'altra parte, i motociclisti neofiti occidentali, sono spaventati dai bestioni che dominano il mercato e vanno alla ricerca di qualcosa di abbordabile, pratico e accattivante.
Ecco quindi che sta nascendo tutta una nuova generazione di moto con una cilindrata compresa tra 250 e 500, che va incontro a questa doppia domanda del mercato.
E, finalmente, parliamo della Royal Enfield Himalayan, moto indiana, primo modello concepito da zero del marchio, pensata per essere una moto totale, in grado di trovarsi a suo agio nel congestionato traffico di Mumbai come sulle infinite strade sconnesse del Nepal.
Ho la moto da alcuni mesi, ormai, e l'ho affiancata a una gigantesca Africa Twin Adventure Sports di mamma Honda.
La mia idea era di usare la piccola indiana come motoretta cittadina e per piccolo gite fuori porta, lasciando alla regina del deserto (così gli impallinati Honda chiamano l'Africa) il compito di accompagnarmi nei viaggi più lunghi e avventurosi, quelli fatti con la tenda nel bagaglio.
In realtà, per curiosità, con l'Himalayan questa estate ci ho provato anche a viaggiare sul lungo e l'esperienza mi ha messo decisamente in crisi, costringendomi a mettere in discussione tutto quello che credevo in fatto di moto.
Ma andiamo con ordine e partiamo da due nozioni importanti da tenere in considerazione leggendo questo pezzo.
- l'Himalayan costa 4.600 euro.
- l'Himalayan ha un motore 400 e soli 24 cavalli.
Sulla carta, si direbbe un giocattolo.
Poi la vedi dal vivo e la prima cosa che balza all'occhio è come è fatta.
Ed è fatta bene.
La linea può piacervi o non piacervi (a me piace da impazzire, perché sembra più un macchinario industriale che una moto e ha quel fascino da Panda 4X4 che per me è irresistibile, ma sono gusti) ma anche vi dovesse fare schifo, non potreste negare la complessiva qualità dei materiali (tanto ferro che è pesante ma resistente ed economico) e la ricercata semplicità del progetto. Basterebbe dare un'occhiata al delizio quadro comandi per accorgersene. O alla pulita progettazione del motore, di facile accesso. Oppura alla meccanica semplice ma efficace, alla portata anche di uno come me, se si dovesse trattare di fare piccole riparazioni. O alla cura con cui è disposta la cavetteria. Tutto, nella Himalayan, restituisce l'impressione di una moto di ben altra categoria per ordine di prezzo e soli pochissimi dettagli nell'assemblaggio o in talune saldature a vista, tradiscono il prezzo della moto.
Ma come va?
Qui il discorso si fa più complesso perché, per me, va straordinariamente bene, ma devi entrare nell'ordine di idee giusto.
Di solito, le moto di piccola cilindrata e con pochi cavalli, tendono a essere molto reattive sotto, con una forte spinta nella parte iniziale della corsa dell'acceleratore, per poi spegnersi ai medi e morire sugli allunghi.
Ecco, la Himalayan, no.
La Himalayan non spinge mai ma, allo stesso tempo, non smette mai di spingere.
La sua coppia, invece di avere un qualche picco da qualche parte, è distribuita su tutto l'arco di spinta e questo significa che la moto procederà sempre progressiva alla stessa maniera sia che stiate andando a 20 km orari, sia che stiate andando a 80 km all'ora.
Non è emozionante perché non vi strappa mai le braccia e non vi dai mai nessun calcio in culo, indipendentemente da quanto possiate tirarne le marce, ma non è mai vuota.
In sostanza, è un mulo che non cede di una virgola in nessuna condizione.
E ve lo dico avendola portata con una trentina di kg di bagagli, lungo i tornanti in salita del Pollino.
La sua velocità di punta è moderata (130 km orari, secondo alcuni, ma per me siamo più vicini ai 120, tirandogli il collo) e in autostrada questo limite si fa un poco sentire, ma molto dipende da quanto volete avere a che fare con le multe per eccesso di velocità. Sulle strade ad alta percorrenza, l'unico momento in cui ho davvero desiderato avere qualche cavallo in più è stato in occasione di qualche sorpasso un poco più teso. Se siete motociclisti tranquilli, quello che la Himalayan è in grado di dare, basta e avanza.
Quando alla guida, qui c'è davvero poco da dire: è una bicicletta. Ma non una da corsa, eh? Una Graziella.
E' la moto più semplice e rilassante che mi sia capitato di portare in quasi vent'anni di spostamenti su due ruote.
E come sempre capita, ci si diverte di più a portare velocemente una moto lenta, che a portare lentamente una moto veloce. Il peso, che non è indifferente, è tutto nella parte inferiore della moto. Quando si va veloci (relativamente), la rende più stabile . Quando si va piano, la rende agile, grazie alla sella bassa e i piedi ben piazzati in terra. Inoltre, il baricentro basso è utilissimo se vi dovesse cadere, ne rialzarla da terra.
Unico difetto: un impianto frenante sin troppo amichevole.
Non è che la moto non freni, è che non frena bruscamente, quindi se hai una guida un poco appuntita, finisce che ti devi attaccare a leva e pedale e stringere e pestare forte.
Dopo i primi 1000 km, comunque, l'anteriore ha iniziato a rispondere meglio. O forse sono io che mi sono adattato nella guida.
Abitabilità perfetta per quelli non troppo alti (io un poco ci fatico) e più che discreta per il passeggero.
Riparo dall'aria accettabilissimo grazie al piccolo parabrezza ben pensato.
Come si guida in off?
Sorprendentemente bene.
Il peso non è quello di una gazzella, ma il baricentro basso è una mano santa per mettere un piede a terra in caso di un pestone. Più che valide le sospensioni anteriori e il mono posteriore (in relazione al prezzo complessivo della moto).
L'ho portata in sicurezza su strade che con l'Africa mi avrebbero reso nervoso (non perché l'Africa non potesse affrontarle, sia chiaro, ma perché con le misure e il peso dell'Africa, le avrei trovate più impegnative).
La guida in piedi non è un problema, anzi.
Come ci si viaggia?
Eh.
Bene. E questo proprio non me lo aspettavo.
Ci ho fatto quasi 3000 km di strade, autostrade, strade bianche e off e non ho patito mai.
Certo, per me che sono 1 e 90, le ginocchia stanno troppo piegate e qualche centimetro in più nell'altezza della sella lo avrei gradito, ma non complesso è una moto con cui ci si può andare davvero ovunque. E quando dico ovunque, intendo pure viaggi lunghi.
Io ci ho montato un bagaglio morbido ma ha anche le sue valige in metallo (bellissime).
Attenti che il portapacchi dietro è leggerino: o lo rinforzate o lo caricate solo con una borsa a tubo. Io non ce lo monterei un orrido bauletto, sopra.
Consumi: avete presente niente? Ecco.
Cosa cambierei: volendo renderla adeguata  in tutti gli aspetti, prenderei una barra del manubrio più larga e robusta, aggiungerei i paramani, monterei sospensioni e mono professionali, cambierei il pedale del freno e farei installare il pulsante per escludere l'ABS alla ruota posteriore. Una spesa aggiuntiva complessiva di 1500 euro, grossomodo.
Ma sono tutte modifiche molto specifiche per il mio tipo di utilizzo, la moto va benissimo anche così come esce dal concessionario.
E ora veniamo al perché questa Himalayan mi ha messo in crisi.
Perché costa 4600 euro.
Con quanto ho pagato l'Africa, ce ne venivano quasi quattro. Per pareggiare il costo di un GS del tutto accessoriato, ce ne vogliono cinque e un pezzetto.
E l'Himalayan non va quattro volte peggio dell'Africa e non ha un utilizzo cinque volte più limitato di un GS.
In termini di moto totale, anzi, la Himalayan fa alcune cose meglio di un GS o della mia Africona
E' meglio in città, per esempio. Ma di gran lunga.
In off è meno impegnativa (e, a meno che non siate dei manici, si muove alla stessa velocità, perché in off si va piano).
Se vi cade la rialzate.
Se vi cade, non vi mettete a piangere perché costa poco.
E' più semplice da riparare e ha costi molto inferiori.
Poi ci sono gli svantaggi.
E' meno comoda, certo.
E ha molta meno potenza (che non è detto che sia un male, specie per un neofita).
E i lunghi viaggi in autostrada non sono la sua specialità (ma li fa tranquillamente).
E non ha tutta quella roba elettronica così figa.
E non è uno status symbol di benessere economico.
Ma quando la portate, vi ricordate cosa significa andare in moto alla vecchia maniera.
Per capirci, se quando guido la mia Africa mi sento Peter Rey alla guida del Gundam, quando porto l'Himalayan sono Lawrence d'Arabia in sella al suo cammello.
E vi giuro che un'esperienza non è inferiore all'altra.
Io sono, sinceramente, convinto che la Himalayan diventerà un paradigma nel mondo motociclistico e un game changer per tutto il settore (e le vendite sorprendenti in tutto il mondo ce lo stanno già dicendo), un modello iconico alla stregua della 2CV, del Maggiolino e della Panda 4X4.
Come dico nel titolo, la Himalayan è la "Gelände Strasse for the masses", il concetto della moto totale voluto dalla BMW, finalmente alla portata di tutti, sia in termini economici che fisici. Una moto non perfetta ma che poco gli manca.


« Ultima modifica: 24 Luglio 2020, 18:58:06 da Lamberto »
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Offline ilario

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #1 il: 21 Luglio 2020, 08:47:28 »
E' una moto indiana progettata e costruita in india per gli indiani--i parametri sono completamente diversi dai nostri.
Deve andare sempre e deve essere riparabile con una pinza ed un cacciavite--molta sostanza e poca apparenza.
Il confronto con le moto europee non e' pensabile--ma se andiamo avanti di questo passo e' possibile che possano diventare valide
anche per i nostri mercati.
Mille euro per un banale tagliando generale del 990 mi sembrano eccessivi,fatto fuori stagione--capisco che debbano campare anche
in inverno ma 30 euro litro l'olio motore mi sembra esagerato(lo pago un terzo).

Offline maurrox

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #2 il: 21 Luglio 2020, 22:47:56 »
Bel report ... mi hai fatto tornare in mente tutti i motivi per i quali mi ero innamorato della Mayalina.
Poi alla prova dei fatti non mi aveva convinto ma mi è rimasta la voglia di un ritmo diverso dell'andare in moto che questa moto promette.
 
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Offline gianga

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #3 il: 21 Luglio 2020, 23:57:24 »
Più che promette direi costringe...
Questa va piano, non frena e ha poche sospensioni, quindi obbliga ad andare piano.
Il che può anche essere positivo, quando si perde il controllo o si ha un imprevisto un conto è essere a 50 km/h un altro a 150...

Offline maurrox

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #4 il: 22 Luglio 2020, 08:17:18 »
 ... vero, sono uscito con amici l'altra settimana e per star dietro alle loro bestioline ho tirato bene il collo alla mia Transalp rischiando sicuramente di più.
Sono due modi di andare completamente diversi ... come ha detto Lamberto all'inizio, questa è una moto da meditazione ... nasce tale e tale resta.
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Offline teo91

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #5 il: 22 Luglio 2020, 12:15:18 »
Lamberto questa moto non mi piace esteticamente, non ha motore, pesa e non ha ciclistica; eppure è affascinante, fa venir voglia di partire per non so dove, vicino o lontano non conta, senza fretta (quindi con meno rischi) e con lo spirito rilassato a cui ogni viaggio dovrebbe tendere.
beta evo 4t

Offline Lamberto

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #6 il: 22 Luglio 2020, 12:27:42 »
Lamberto questa moto non mi piace esteticamente, non ha motore, pesa e non ha ciclistica; eppure è affascinante, fa venir voglia di partire per non so dove, vicino o lontano non conta, senza fretta (quindi con meno rischi) e con lo spirito rilassato a cui ogni viaggio dovrebbe tendere.

Hai detto in sintesi quello che ho cercato di spiegare, è una diversa interpretazione dell'andare in moto che ha i suoi lati positivi.
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Offline teo91

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #7 il: 22 Luglio 2020, 12:50:10 »
In passato ho avuto moto "da sparo" tipo cbr e motard, da qualche anno ho la versys 650, moto sicuramente tranquilla, ma che permette di tenere medie autostradali di 150 e guida sul misto da coltello tra i denti. Quel che dici per me è un mantra, il divertimento dato dalle piccole cilindrate guidate spediti per me è ben superiore al gusto di portare a spasso una moto "veloce", l'ho capito una volta raggiunto l'apice della, mia, sportività e ho trovato nella versys un'ottima moto per tutto. La himalayan estremamente questo concetto ma lo fa con una personalità forte, senza fare il verso a categorie con cui non può confrontarsi. Dovrò andare a provarla per capire di cosa stiamo parlando fino in fondo!
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Offline Valchisun

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #8 il: 22 Luglio 2020, 13:25:48 »
Io ho saltato questo "passaggio" e vado in auto, con questo caldo, l'ultima cosa che vorrei fare e' vestirmi da motociclista, ho perso per strada la vocazione da fachiro e da  masochista che l 'utilizzo della moto richiede quando ci sono 30'....

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Offline teo91

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #9 il: 22 Luglio 2020, 13:42:34 »
Valchi io vivo in montagna, fa caldo nelle valli, ma neanche troppo con l'abbigliamento di adesso, il problema è il traffico. Il bello diventa fare le strade secondarie (o ancora meno frequentate) e cazzeggiare in coppia per 2/300 km in giornata. Per questo utilizzo la moto deve farti passare la voglia di "andare in moto" come la intendiamo un po' tutti.. Il bello è condividere una giornata a spasso vedendo luoghi che altrimenti non scopriresti mai, IMPAGABILE!
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Offline Mondo77

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #10 il: 11 Settembre 2020, 01:02:01 »
Eccomi a dire due parole su come funziona Boosterplug su riciesta diLamberto e Maurrox su altro topic.

Scusate, avrei anche delle foto da inserire, ma non sono pratico di forum (è l'unico su cui scrivo ed abbia mai scritto) e di hosting (novità scoperta stasera).

Abbiate pazienza, comunque sul sito del prodotto si trova veramente molto matriale e se non volete sorbirvi tutto il "pippozzo" saltate direttamente alle ultime righe

Veniamo al motivo della mia installazione: volevo qualcosa che mi potesse dare quel qualcosa in più nella classica fase di sorpasso di autoarticolato ai 70 km/h su strada provinciale... Dovevo avere 500 metri liberi per effettuare il sorpasso  sm41 vuoi la complicità dei miei 90 kg e dei bauletti...

La velocità di 100 km/h a me basta e avanza (d'accordissimo con la filosofia di Lamberto).

Acquisto boosterplug per i seguenti motivi:

non altera i parametri della centralina
non rimuove limitatori
lo trovo in super offerta a 60 Euri
processo perfettamente reversibile


Ci provo... Di per se l'installazione prevedrebbe molto meno di 5 minuti, ma vista la posizione della sonda di temperatura nell'airbox, sgrano almeno un paio di rosari.
(Si trovano sul sito foto dettagliate di come "installare" il tutto proprio sulla Royal (due connettori) a prova di deficiente come me).

Cosa fa l'oggetto in questione:

la sonda di temperatura presente nell'airbox è un trasduttore NTC (ovvero abbassa il valore della sua resistenza all'aumentare della temperatura misurata). Questa lettura è uno dei parametri che determinano assieme a pressione atmosferica, temperatura olio e posizione manetta del gas in quale riga e colonna della matrice (di solito 15x15) ci troviamo all'interno della programmazione della centralina.
Il dato contenuto nella cella è la quantità di benza risultante da "iniettare".

Lo so,  :ple: ma ho quasi finito :72:

"banalmente" il genio Danese inserisce una resistenza in serie alla sonda di temperatura per far credere alla centralina che, a parità dei parametri sopra descritti, ci siano circa 20° in meno di temperatura ambiente.
Temperatura più fredda, più ossigeno, la centralina fa iniettare più benzina (circa 6%).

Visto che sapete meglio di me che le moto moderne girano magre esagerate (e quindi in eccesso d'aria) per compiacere parametri EURO X il risultato paradossale è che ci si trovi molto lontano dal rapporto stechiometrico ideale.
Risultato: moto scalda e non va, ma "Greta" è contenta! smbrv

Iniettare però sempre il 6% in più di benza con la varianza non lineare degli altri parametri non è semplice.
Allora interviene una seconda sonda del booster per cercare di linearizzare il tutto. (E qui si potrebbe aprire un mondo...)

Questo funzionerebbe con un controllo ad anello aperto ma sulla moto non è così.
La sonda Labda retroaziona il valore dei gas di scarico e corregge l'iniezione spostandosi su altra configurazione. (Per continuare a tenerla magra  :V:)

Ma ci impiega un certo tempo! sm412

Risultato: in fase di accelerazione, la sonda non fa a tempo a correggere il valore, quando poi si arriva a velocità costante Greta torna contenta.

In termini pratici la moto ha più accelerazione, tiene meglio il minimo, non tira a spegnersi, scalda meno ma NON va più veloce a regime.


Tutto questo l'ho potuto verificare con semplice prova empirica prima e dopo in questo modo:

parto da fermo, accelero più che posso e vedo a che velocità arrivo al lampione in fondo alla strada (80 km/h), ripeto la stessa prova dopo installazione (quasi 95 km/h).

A me è bastata questa prova per convincermi che non era suggestione e la moto, per me, è molto più godibile.

Consumi medi dopo circa 1500 km sono intorno ai 27 km/l che a me vanno più che bene!!! smrij.


Scusate per lungaggini, c'è molta deformazione professionale... :s_hi:
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Offline kermit

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #11 il: 11 Settembre 2020, 01:50:50 »
 smbrv
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Offline Lamberto

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #12 il: 11 Settembre 2020, 07:19:49 »
Grazie!! Sei stato chiarissimo. È cosa da fare sicuramente.
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Offline ilario

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #13 il: 11 Settembre 2020, 08:18:22 »
Bravo e grazie.
Chiarissimo e diretto (come piace a me).
Compresa pure da me,che in queste cose sono una cippa.

Offline maurrox

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Re: Prova Royal Enfield Himalayan
« Risposta #14 il: 11 Settembre 2020, 12:54:05 »
.... Risultato: in fase di accelerazione, la sonda non fa a tempo a correggere il valore, quando poi si arriva a velocità costante Greta torna contenta.
:hee20hee20hee: povera Greta!
... che poi tanto per restare OT ..
"La stessa FAO, nel 2006, pubblica un dossier intitolato “Livestock’s long shadow” (la lunga ombra degli allevamenti intensivi) in cui si afferma che, in base ai calcoli effettuati, il 51% d’anidride carbonica, metano e protossido d’azoto è emesso dagli allevamenti contro il 14% determinato da attività di trasporto via terra, acqua e mare."
"Il tuo Cristo è ebreo. La tua democrazia greca. Il tuo caffè brasiliano.
La tua vacanza turca. I tuoi numeri arabi. Il tuo alfabeto latino.
Solo il tuo vicino è straniero". 1994, manifesto sui muri di Berlino