Un weekend che partiva da lontano. Giorni, settimane di riunioni nei pomeriggi di prima estate a discutere dove, come, quando. Sembravamo Rommel ed il suo stato maggiore, con le cartine IGM spiegate sui tavoli di cucina o sotto ai pergolati di glicine, a discutere per ore sui dettagli e sui "ma". Ma le moto dove le lasciamo? Ma ci stiamo tutti lì? Ma non è meglio qui? Ma guarda che lì sarà notte e noi in maniche di camicia. Ma l'acqua chi la porta? L'acqua. Mai nessuno ha fatto tanti salti mortali per non accollarsi il peso infame di cotanta vitale necessità. Distruibuirlo un po' per uno non se ne parlava, creava grossi problemi di confezionamento e poi perdio siamo organizzati, che è sto schifo! e giù a ciondolare le teste convinti che fosse la soluzione migliore, per ricominciare a scaricarsi l'onere dopo due seccondi. Acqua. Che poi si e no saran stati due litri. Il resto birra, vino, Cocacola. Da unire a panini che nemmeno nelle pubblicità dei peggiori fast food del Milwaukee negli anni 60. A barre di cioccolata che parevano nate dal genio pontieri per farci i Baley. A barattoli di peperonate, tranci di pizza, crostate, potevamo resisterci per mesi lassù, nessuno ci avrebbe presi per fame. Ma vino, soprattutto vino. E grappa. Di quella che il fornitore avrebbe dovuto tener botta per mesi al genitore o al nonno che gli chiedeva dove fosse finita quella bottiglia sostenendone lo sguardo inquisitore.
Quindi qui, poi dobbiamo andare lì, ma la chiuderanno molto prima, per dove passiamo? E ce la facciamo in così poco tempo? Così fino a quando uno puntava un indice sulla cartina e diceva "da qui, abbiamo le moto!". E tutti a far di si, però spesso non è che fossimo tanto convinti. Ma c'era un alleato imbattibile: eravamo giovani e incoscienti, e soprattutto convinti di poter portare a termine qualsiasi cimento, figuriamoci uno spostamento su un tratto così piccolo di una mappa, e non importa se tra A e B l'altimetria avesse ben evidenziati dei singulti spiazzanti in modo ripetuto. Si faceva, perché avevamo fatto sicuramente di peggio. "Dormiamo qui o qui?" Cazzocene dove dormiamo, tanto finirà che tireremo l'alba a raggiungere il punto successivo sfiancando le Motoplat e battendo i denti. Quindi sacchi a pelo a casa, che non son mai serviti. Urrah celebrativi per il commento.
La partenza è definita per il sabato mattina alle 11. Alle 9 siamo tutti lì. Senza cellulari, senza accordi notturni. Solo che il primo via via vede arrivare tutti gi altri alla spicciolata e non fa neanche la faccia sorpresa.
Inizia il trasferimento. Piano, che le moto fanno un bordello infame. Piano, che di benza c'è solo questa e quella nella tanica che vediamo penzolare dallo zaino da trekking di Aldo, l'unico dotato di un telaietto cui fissarlo in modo meno improbabile. Mentoniera slacciata, cicca al lato delle labbra, avanziamo guardandoci a vicenda con un mezzo sorriso e un occhio semichiuso. Le camicie militari si gonfiano sulle schiene, ed i bottoni lanciano baluginii nel sole di giugno.
Davanto a noi, poi alla nostra sinistra, poi di nuovo davanti più vicino e più grande, la meta della notte. Ai suoi piedi, il campo operativo del sabato pomeriggio. Ma noi siamo pronti. sappiamo nei dettagli cosa fare, come, con chi e quando. Che i navy seals a noi ci fanno le seg*e.
In effetti la prima delle postazioni scelte ha poco posto per le moto, e alcune non si vedono nemmeno quando andiamo ad appollaiarci su un costone. E sul quel costone inizia l'attesa. Il sole picchia. Tafani e mosconi abbondano, ogni tanto una smadonnata echeggia nella valle. Sogghigni degli altri. Si spacchettano le vettovaglie, ma appena appena che poi dovremo essere rapidi a richidere e riporre tutto. Ruminanti pieni di ormoni postpuberali masticano quasi in silenzio tra pannocchie ed erba medica, tirano lunghe sorsate dalle bottiglie. Scattano gli Zippo quasi all'unisono. Sempre più caldo. Sempre più ronzii nell'aria, sempre più profumo di fieno. Uno sonnecchia, un altro ciondola da un ramo e qualcuno gli tira degli avanzi. Me li guardo uno ad uno, so di cosa posso fidarmi e in cosa devo stare attento per le scaramucce dei giovani esemplari Alfa, ora ci si vede di tanto in tanto, per caso. Un paio vado a trovarli quando me ne ricordo, e mi sorridono con gli occhi dalle foto in bianco e nero. Poi ad un tratto uno si immobilizza, alza la testa e sembra annusare l'aria come un predatore. Ci blocchiamo tutti, tutti col naso all'insù ed il collo ritorto. Si inizia.
https://www.youtube.com/watch?v=J5otpImadfkDimmi come si fa, Dottor Faust, che la vendo subito la mia anima, per tornare a un Piancavallo con quei ragazzi, quelle moto, quel sole.