Di questo passo tornerà anche la moda della Lambretta o della Trabant :-[
Ma spero proprio di no
anche perchè ormai dovremmo essere al sicuro perfino dai radical-chic.
Hai ragione, qua la si butta sempre sul tecnico.
e ci si dimentica dei motivi che danno l'unicità delle logiche di scelta.
Anzi, mi permetto di citare uno dei più bei passi di letteratura motoenduralpinistica che abbia mai letto. Se non conosci l'autore dimmelo che ti rinfresco la memoria (secondo me l'hai visto da qualche parte):
L'idea che mi hanno messo in testa parte dal concetto prettamente "regolaristico" che nella sua accezione non si può limitare solo all'impiego fuoristradistico della motocicletta ma va considerato più in generale in un modo di vivere il rapporto mentale con un mezzo che nonostante la difficoltà di gestione; di manutenzione e di guidabilità riesce a trasmettere all'uomo mediamente nato nella generazione che va dal "dopoguerra" agli "anni settanta" una sensazione di libertà e di ribellione tipica dello stile di vita che oggi abbiamo irrimediamilmente perso.
La sintesi è: se la motocicletta migliore deve essere quella "facile" non mi interessa, preferisco quella che mi fa tribolare, quella che se mi cade fatico a rialzarla, quella che magari trovo sempre una chiazza d'olio sotto; quella che ti fa soffrire ma nello stesso tempo quella che ti rende affascinante il viaggio o l'uscita domenicale o la cavalcata con gli amici.
In questo mondo dove tutto deve essere facile, dove esiste un leader che pensa al posto tuo; dove tutto deve essere semplice, dove le difficoltà umane vengono considerate una malattia, la capacità di sopportare i guai meccanici; addirittura la gioia di soffrire e finanche la possibilità di bestemmiare per una perdita di olio ci salverà non solo dal consumismo dilagante ma ci riporterà al valore più intimo del nostro sport. Se ciò che hai letto è vero, allora ecco che si chiude l'equazione. Chi non sente l'anima della moto cerca la soluzione facile. Chi è tristemente a zero di passione addirittura cerca l'economicità in uno svago che concede a se stesso per 4 ore la settimana.
Insomma, per dirla come ti rispose un altro filosofo (
)
è una filosofia che veramente appartiene a chi è cresciuto tra gli anni 50 e i 70 (cioe anche io)
e non è il voler fare le cose difficili per far vedere che si è bravi. E' che si è cresciuti dove era difficile perfino andare a scuola (proprio nel senso di raggiungerla Shocked ) dove imparavi ad arrangiarti con quel che c'era altrimenti finivi attaccato alla gonnella di mamma, e perchè comunque altro non c'era da scegliere. Sia per divertirsi, sia per sopravvivere. magari sembrano discorsi esagerati, ma chi c'era sa.
e in questo contesto la moto, fatta com'era allora, con le gomme che aveva allora, coi telai, i motori, le sospensioni che aveva allora, era anch'essa una cosa difficile. E saperci andare significava una volta in più fare bene una cosa tosta. Significava riuscirci, venirne fuori nonostante fosse dura.
Ora, se ho capito bene, si potrebbe rapportare questo al fatto che determina, oggi come oggi, la scelta di un 4 tempi anche quando si potrebbe fare in modo di rendere tutto più semplice e mettersi sotto le chiappe 20 chili in meno, meno pezzi su cui far manutenzione, e per finire un qualcosa che è decisamente più facile da gestire quando il gioco si fa duro.
Se il concetto è questo almeno in senso lato, io dico che il kappa ha tirato fuori una grande verità non so se sia stato il contenuto dell'aperitivo o le tettone della pocciona. Perchè se andiamo a scavare è una cosa vera.
e forse è il motivo per cui, dopo essermi lamentato del DRZ, sono andato a prendermi una moto che son qui a pensare 3 volte al giorno come fare per non ammazzarmici.
Perchè le cose semplici vengono bene, ma sono come il Tavernello. Son fatte nel modo giusto, ma non han sapore.