Tu istighi a delinquere!
Non ditemi che per natura l'uomo non è fatto per volare.
Non sembrava fatto nemmeno per andare sulle acque, poi ha inventato le navi.
Sono passati 110 anni dal volo del "flyer".
Ma volare adesso è solo modesta routine ?
Il normale viaggiatore non è tenuto a sapere quanto l'aereo sia stato capace di vincere l'aria grazie alla sua adattabilità all'ambiente e alla capacità di evolvere molto più dei troppo semplici palloni che entusiasmavano scatenando le fantasie.
"Oggi si vola" era il cartello dei "barnstormer", quei piloti che avevano investito la liquidazione in un aereo e portavano a spasso per i cieli i contadini...
Oggi si vola, e la gente col naso rivolto all'insù godeva nel vedere le capriole del volo acrobatico (un brivido a buon mercato per chi assiste al sicuro da terra).
Si dice che spesso la scienza ci tolga l'anima, forse. Ma l'aereo solleva il corpo e lo fa perchè, come ogni macchina riuscita, è pensiero incarnato, intelligenza pratica.
A me volare piace perché è l'applicazione scientifica sui nostri limiti, è arte, ingegnosità , tecnica di realizzazione, capacità di controllare il congegno, poi - da non sottovalutare - conquista di nuovi modi di vedere il cielo e la terra. Esperienza di libertà , l'aprirsi di un nuovo spazio e l'acquisizione di un diverso senso del tempo. Ancora una volta libertà e conoscenza vanno insieme.
Come quando nel 1970 mi ritrovai imbragato su uno strapiombo, a 25 chilometri dall'aeroporto, dopo essermi legato stretto al niente, pensai di essere pronto per volare.
A dodici anni, sul tetto del condominio, un lenzuolo fissato con delle corde alle braccia e alla cintura, mi accingevo a saltare, quando, per la prima volta in vita mia, mi trovai faccia a faccia col buonsenso. Slegai le corde, ridiscesi la scaletta, rimisi le lenzuola nello stenditoio e non raccontai mai a nessuno quant'ero stato vicino alla stupidità .
Questa volta comunque, non si trattava dei quattro metri sul cortile: ce ne erano 800, di metri, con abeti lungo il pendio e rocce sul fondo: affilati denti di pietra nelle mascelle delle Prealpi, che aspettavano famelici una porzione di pazzo.
- E' così dunque che si sente un suicida? - mi domandai. - Che ne è del buonsenso aeronautico? Finora sono stato un pilota, non un matto... -
Tre passi; corro forte, corro come se volessi morire, proprio adesso, oltre il ciglio. Il gigantesco straccio dietro di me, un niente di nylon, senza alcuna struttura, con i colori di un prisma, invece di trascinarsi spiegazzato nel burrone, scoppia deflagrando alto nell'aria, un parasole incurvato ad arcobaleno, un sogno tra me e la pazzia.
Invece di morire, volo. "Aaaaa-haaaay", urlo alla montagna, ai denti, al cielo. Le rocce ascoltano.
Apparecchi simili a soffioni di cardo, i parapendio sono enormemente semplici, tanto che si impara a pilotarli in un giorno. Fin'ora, ovunque abbia volato e con qualsiasi cosa abbia volato, l'andare in moto e volare col parapendio sono quanto di più vicino alla calamita che mi spinse prima sul tetto del garage, e poi a pilotare aeroplani: il parapendio è la cosa più prossima al volare senza ali, se escludiamo un'esperienza extracorporea o il volare giù per burroni cadendo con la moto.
Niente rumore, niente fumo, niente aeroporti, niente danni al pianeta, non lascia niente scendendo, tranne una larga, lenta pennellata nell'aria, colore a scelta.