22275
« il: 07 Agosto 2012, 10:06:24 »
Secondo me, la discriminante chiave per la pratica dell'enduro va ricercata nella morfologia del territorio: con buona pace degli "estremi della domenica" la proposta che dici (unico modo anche secondo me per ottenere qualcosa) ossia l'identificazione puntigliosa dei percorsi da destinare alla pratica deve avere caratteristiche tali da far si che il "danno" delle tassellate sia ridotto ai minii termini da pendenze non esasperate e scorrevolezza, cose che in genere si trovano solo a bassa quota, che potrebbe costituire un secondo parametro di identificazione.
Per cui, come è mia teoria ormai nota: pendenza elevata e quota superiore ai 100mt= solo moto da trial; pendenza contenuta e quota collinare= anche enduro.
Questo in riconoscimento del fatto che una enduro mal condotta lascia più segni visibili, che assumono rilevanza in quanto la platea di utenti è molto più cospicua (per ora) dei trialisti (o almeno si nota di più perchè si concentra in aree identificabili).
Sono perplesso sull'uso del battistrada trialistico: significherebbe che in caso di fango o pietra umida bisogna lasciare la moto a casa?
Interventi sui terminali sono invece auspicabili, a prescindere da discorsi opportunistici. Ma significherebbe un gran lavoro di preparazione per le case produttrici. Inoltre, se il discorso rimanesse limitato all'Italia, i produttori potrebbero preferire l'abbandono del mercato anzichè affrontare gli oneri di un adeguamento limitato a un solo bacino di utenza.