Dalla stagnazione delle vendite
http://www.moto.it/news/mercato-a-settembre.htmlmi pare che comunque esca un altro dato: oltre al calo delle SS ed alla conferma delle "ci faccio tutto e niente" io ci vedo, nella classifica del venduto, che il motociclista italiano non ha più né la tuta intera né le saponette consumate sui pantaloni, compra un colore, una vicinanza dal concesionario, un prezzo, per lui una vale l'altra, manco sanno cosa ci potrebbero fare, tanto non ci faranno niente di particolare. Piuttosto che l'abbigliamento tecnicopreferisce quello di tutti i giorni, come fosse un accessorio di sé stesso, ed indossa, a cavallo del suo strano oggetto del desiderio, solo i jeans, le Clark e al massimo una giacca Tucano Urbano (tranne i Mucchisti, che devono avere quella BMW Motorrad altrimenti vengono cacciati dal branco al grido di "Pussa via Barbone!" e bersagliati col lancio di gardget dell'Elica)
E questo, che in fondo è normalissimo sicurezza a parte, significa solo che la moto non è più una passione, ma un qualcosa che ognuno compra per motivazioni collaterali e che prescindono dall'oggetto stesso, esula dalla possibilità che tra uomo e macchina possa crearsi un rapporto stretto. Non la si prende più dal garage per sentirla tra le gambe, stringerne le manopole e farla urlare su per i tornanti. Non ci si preoccupa di imparare a farla andare sfruttandone le caratteristiche del marcato carattere che hanno. Non è più godimento nel rapporto stretto che riesce a creare, nell'ipnosi della piega, nella febbre del controllo della trazione, nel delirio del su e giù del contagiri, nella successione ripetuta più e più volte della cambiata veloce. La moto sta cambiando il suo ruolo e diventa utensile. La si sceglie quanto più è possibile priva di carattere, la si prende per andare in spiaggia senza code, per arrivare in modo più simpatico al ristorante rustico, per il giro del lago con un'altra coppia di amici o per andaarci al lavoro sostituendo lo scooter. Con lei non si condivide più nulla. Arrivati alla trattoria la si lascia lì senza uno sguardo e si pensa al menù, o alla rassettata del ciuffo.
Sono moto che trascorrono i loro giorni uguali a quando sono uscite dalla catena di montaggio, nemmeno un clic alle sospensioni che le distingua dalle sorelle, nessuno che abbia mai ficcato la testa tra i suoi cilindri a scoprire dove fossero i freni aria, provasse a capire in che modo quell'intrico di silicone e treccia metallica determini mandate e ritorni.
La moto sta diventando una lambretta. E per me, che ho imbiancato i capelli negli anni passati ad amarle e provare a capirle, la cosa suona un po' triste.