Di solito la dicitura "visto e piaciuto" viene indicata in fattura, quindi un privato dovrebbe fare una apposita scrittura.
Poi mi sembra strano che un privato debba rispondere con una garanzia, se è scaduta quella del costruttore il nuovo acquirente si arrangia.
Penso a buonsenso piuttosto il contrario, se voglio, io privato, dare una garanzia la scrivo e non è tacita come per un commerciante.
VENDITA DI PRODOTTI USATI DA PRIVATO A PRIVATO
E' invalso spesso l'uso, nella vendita fra privati, di escludere la garanzia del bene.
Tale patto, a differenza di patti simili stipulati fra consumatori e venditori professionali, risulta possibile e valido, siccome non contrario a norme imperative inderogabili.
Pertanto, pur essendo prevista la garanzia anche per la vendita fra privato e privato, la stessa può essere espressamente esclusa in modo legittimo con un adeguato patto ovvero con una esplicita precisazione del venditore.
Se invece manca tale patto (cioè se la garanzia non è espressamente esclusa) dovrebbero valere le regole che seguono.
Per un oggetto usato, in base all’art. 1491 cod. civ., deve considerarsi esclusa la garanzia per vizi della cosa se al momento del contratto l’acquirente conosceva, o anche solo poteva facilmente con diligenza conoscere, i vizi della cosa stessa (vizi riconoscibili), salvo in tal caso che il venditore abbia espressamente dichiarato (e con ciò garantito) che la cosa era esente da vizi.
Di norma nella vendita dell’usato, specie fra privati si utilizza invero molto spesso la dizione “visto e piaciuto” che vale come limitazione (od esclusione) della garanzia per vizi, se non addirittura come almeno tacito riconoscimento che non vi sono vizi palesi né facilmente riconoscibili e che quindi per il bene, essendo accettato così come si trova, è esclusa la garanzia -.
Altrettanto sarà esclusa la garanzia, di nuovo art. 1491 c.c., non solo laddove venga pattuita la clausola “visto e piaciuto” e comunque non vi siano vizi noti o riconoscibili, ma altresì nei casi in cui i vizi non noti derivino in seguito al naturale stato di vetustà del bene e non già da vizi occulti o nascosti dal venditore, od a maggior ragione da fatti accidentali (cadute ecc...)
Viceversa la garanzia dovrà considerarsi vigente e valida laddove il venditore compia atti (come il ritiro o la riparazione del bene) che comportino, pur tacitamente, il riconoscimento dei vizi della cosa venduta ex art. 1495 c.c., così come accade per le cose nuove, e che siano quindi incompatibili con l’intenzione di respingere la pretesa del compratore o di far valere l’esclusione della garanzia o la decadenza della stessa. (Cass. 1561/97).
Da ultimo, anche nel caso di vizi facilmente riconoscibili, in presenza di una specifica assicurazione sull’assenza dei vizi stessi da parte del venditore, che determini un particolare affidamento nel compratore che si induce (ad es. ) a soprassedere all’esame della cosa e quindi a scoprirne gli eventuali vizi, permarrà l’obbligo di prestare la garanzia anche sull’usato, come del resto previsto dalla già ricordata ultima parte dell’art. 1491 c.c. (dichiarazione espressa, eventualmente spontanea e convenzionale, del venditore dell’esclusione della presenza di vizi) (Cass. 18352/04).
Altrettanto in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, l'occultamento degli stessi, per assumere rilevanza, deve consistere non nel semplice silenzio serbato dal venditore, ma in una particolare attività illecita, funzionale, con adeguati accorgimenti, a nascondere il vizio della cosa.
In conclusione per le vendite fra privati vale la regola della conoscenza e riconoscibilità dei vizi, restando a carico dell’acquirente quelli noti o anche solo riconoscibili, specie se viene specificata la condizione (pur generica) “visto e piaciuto” (nel senso che attesta che l’oggetto non tanto è indenne da vizi, ma che è stato verificato e che è indenne da vizi palesi o con normale diligenza riconoscibili), mentre al contrario in genere restano a carico del venditore i vizi occulti o non riconoscibili, o peggio volutamente nascosti.
Poi stabilire in concreto se i vizi fossero o meno riconoscibili, per un normale utente non esperto, diventa però attività alquanto tecnicamente e giuridicamente difficoltosa, fino al punto che è invalsa la prassi che il vizio non noto (diciamo così, riconoscibile o meno che fosse) resta a carico dell’acquirente, salvo che il venditore per sua volontà e spontanea correttezza non voglia tenere fede ad un obbligo meramente morale e non giuridico, come tale non sussistente né coattivamente esercitabile.
Sull’usato quindi il rischio dei vizi grava di fatto sull’acquirente, salvo che venga contrattualmente pattuita per scritto una volontaria e per sé non dovuta garanzia.
Diversamente resta la regola che la cosa usata è sì garantita, però non per vizi noti o (ed è qui il vero nodo) facilmente riconoscibili.
Ma chi fissa quando sono tali ? Le parti di comune accordo e con il buon senso, oppure il giudice con la propria esperienza ovvero avvalendosi della collaborazione di un tecnico, sempre che il valore del bene renda consigliabile affrontare costi, tempi e rischi di un contenzioso giudiziale ovvero di un più abbordabile e meno oneroso contenzioso in sede stragiudiziale (conciliazioni).