Forse l'ho già raccontata: ai tempi del liceo conosco una ragazza che bella era riduttivo. Naturalmente scuola privata femminile, casa in zona VIP... insomma un'impresa disperata. Eppure -per farla breve- un sabato finalmente acconsente a fare un giro in moto. Da notare che all'epoca avevo la Aermacchi taroccata Aspes, senza neanche il cavalletto, non parliamo di targa, fanalerie eccetera: al posto del faro aveva una tabella portanumero attaccata con due fascette agli steli della forca. Orbene, con largo anticipo mi scrosto e mi profumo come non mai, resistendo alla fantozziana irrorazione in zona intramutanda, e inforco la belva (che partiva a spinta causa perdita della pedivella).
Calcolo i tempi alla perfezione per un arrivo a tamarrissimo gas aperto proprio quando tutti i migliori giovani fiori della città "bene" sciamano dal cancello del liceo.
E così arrivo in cima alla salita, che sfocia nella piazza in cui c'è la scuola, col Magura a martello e l'espansione che tuona tra i condomini, e mi accingo alla chicane tra due aiuole spartitraffico, ultimo ostacolo tra me e un sabato pomeriggio che...chissà, speranza, promessa, vedremo!
Destino volle, e quello quando ci si mette sa essere ben bastardo, che proprio in mezzo alle due aiuole, esattamente sul cambio di carico, qualche benedetto dal Signore (chelopossinoammazzà) aveva abbandonato con nonchalanche il fondo di una di quelle vasche da bagno in Moplen per i bambini, non so se qualcuno se le ricorda.
naturalmente la legge di Murphy pretese che la mia Metzeler 2,50x21 andasse proprio a passare sulla lastra di plastica, che non ci pensò due volte: appena la calpestai, si ritrasse repentinamente di lato portando con sè prima la ruota anteriore, poi la moto intera, e poi l'allegato Alex.
Il quale, con tanto di jeans di bucato e lacoste delle grandi occasioni, arrivò ruzzolando in mezzo al ben di Dio che usciva da scuola, e destino volle (sempre più bastardo) che la Bella volgesse lo sguardo proprio nel momento in cui arrivava sferragliando anche la moto, che lasciava nell'asfalto candide righe ricavate dal pieno tramite pedana e mozzo forca. Rimasi lì, appena rialzato, nel largo che si era fatto tra la folla, e per un attimo evocai una scena alla Sergio Leone, coi due duellanti che si fissavano negli occhi. Mi avvicinai zoppicchiando, si avvicinò sculettando, mi diede un bacino che mi bruciò come uno schiaffone e mi disse "sarà per la prossima volta, ti chiamo".
Sto ancora aspettando