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L'ho già postata
alex:
Si, qualche anno fa. Ma l'ho ritrovata e mi è piaciuta di nuovo ed allora rieccola, magari piace anche a qualcuno di Voi. Oppure è una buona occasione per farmi le pernacchie anche oggi sm444
Ogni sera apro il garage per parcheggiare la macchina.
Ogni mattina apro il garage per prendere la macchina.
E davanti al muso dell’auto, ogni volta, ci sono loro.
Una con la ruota a destra, l’altra con la ruota a sinistra. In mezzo il carrello. I loro fari spenti mi sanno di rimprovero silente.
Mi sento una merrrda.
Penso allora che è inverno. Al nord, girare in off è spesso scomodo: mule gelate, un freddo becco. Spesso pioggerella gelata e la nebbiolina che non vuole sollevarsi.
Penso anche che potrei ritirarmi in uno dei crossodromi improvvisati che all’improvviso compaiono, in questa stagione, nei campi di pannocchie. Insorge una voglia esagerata di cross, anche se ho le sospensioni mosce, anche se a far le scale mi viene il fiatone. Anche se la schiena martoriata lancia saette dolorose anche solo a lavare due piatti.
Ma, penso alla fine, chi hazzo me lo fa fare?
Cosa spinge, ogni settimana, gente con pochi peli in testa, la pancetta, i casini che vagano per la testa, a preparare il borsone, verificare la cassa degli attrezzi, caricare olio e taniche, agganciare un carrello, caricare la moto e spararsi anche qualche centinaio di chilometri per poche ore a fare il ragazzino?
Costa un sacco di soldi. Poi quando torni devi fare tutta la trafila al contrario, e in più lavare la moto, gli stivali, l’attrezzatura. Un incubo. Come quello, peggiore, che aspetta molti a casa, un tormento astioso con una faccia da bassetthound bastonato, ma con l’animo deciso di un cobra reale che ha visto un ratto.
Ma chi ce lo fa fare? La passione. E’ così, da quando avevamo 14 anni. Ti entra dentro e hai voglia di far finta di nulla, lei resta lì, si annida in qualche angolino e all’improvviso SBAM! Salta fuori di colpo e quasi ti caghi anche sotto dallo sgomento.
Ma ce la fa, quel sentimento, da solo, a far sì che quando torni, ed hai le gambe acciaccate, poi ti sei anche sderenato su un pietrone, puzzi come uno Yak tibetano e magari devi anche affrontare il bassetthound sul divano, ce la fa a far si che tu ti senta bene?
Forse si. Come una sauna ci depura e va ben più a fondo della pelle. Il lunedì mattina sei come nuovo e non senti nemmeno più il dolorino alla caviglia quando premi il pedale della frizione.
Eppure sta storia, a me, non mi convince. Non può essere, andiamo, a vent’anni si crede che tutto sia retto dalla passione, ma a 50 suonati?
Quando si carica tutto per benino e si parte con un amico, destinazione paradiso, è per passione?
No. Il motore di tutto è la forza che ti prende veramente per la maglia e ti sradica dalla poltrona, ti schiaffa in garage a stipare tutto in auto mentre fai nuvolette col fiato, e poi ti mette al volante per l’avventura di un giorno, o anche meno.
La passione non è nulla, senza gli amici. Se non la condividi, a che ti serve? Mi chiedo se non sarebbe, senza condivisione, indifferente collezionare figurine con lo sputo (io chiamo così i francobolli da collezione) o fare escursioni in moto.
La compagnia è fondamentale, perché fa vivere i momenti nell’azione e li fa rivivere ancora nella celebrazione che, definitivamente, li consacra con un certo che di tribale che affascina senza discussioni anche il più bruto degli animi. Non c’è degna uscita in off che non termini attorno a un tavolo, ed allora la passione per l’andare in moto cede il passo alla passione per la moto stessa. E si fa quasi a gara anche a tavola, a rivivere il rischio sul salitone, quella curva dove t’è andata via di brutto davanti, a sfottere quello che s’è piantato, quello che ha preso la corta per asfalto. E si salta dal Mugello a Everts, ed a “quella volta che”.
L’unica cosa che mi lascia un po’ perplesso, è che all’inizio di sta storia i “quella volta che” non c’erano mica.. Sono arrivati dopo.
Mi sa che invecchiano anche gli enduristi….
vin-lap:
--- Citazione ---La passione non è nulla, senza gli amici. Se non la condividi, a che ti serve? Mi chiedo se non sarebbe, senza condivisione, indifferente collezionare figurine con lo sputo (io chiamo così i francobolli da collezione) o fare escursioni in moto.
La compagnia è fondamentale, perché fa vivere i momenti nell’azione e li fa rivivere ancora nella celebrazione che, definitivamente, li consacra con un certo che di tribale che affascina senza discussioni anche il più bruto degli animi. Non c’è degna uscita in off che non termini attorno a un tavolo, ed allora la passione per l’andare in moto cede il passo alla passione per la moto stessa. E si fa quasi a gara anche a tavola, a rivivere il rischio sul salitone, quella curva dove t’è andata via di brutto davanti, a sfottere quello che s’è piantato, quello che ha preso la corta per asfalto. E si salta dal Mugello a Everts, ed a “quella volta che”.
L’unica cosa che mi lascia un po’ perplesso, è che all’inizio di sta storia i “quella volta che” non c’erano mica.. Sono arrivati dopo.
Mi sa che invecchiano anche gli enduristi….
--- Termina citazione ---
tutto vero.......
anche il fatto che anche gli enduristi invecchiano e le ore sulla sella calano e quelle a tavola aumentano.....
fino ad arrivare direttamente a tavola con la macchina (magari anche con la moto sul carrello)........
alex:
Anche questa, ripropongo. Via algli insulti :57:
Che cos'è la moto, che senso ha? Moto è il mezzo per endurare, l'attrezzo per viaggiare o ha un significato più esteso, magari talmente esteso da racchiudere l'intero universo a due ruote con un motore? E che senso ha, la moto? Sicuramente personale e nostro, intimo come la canotta, per certi suoi aspetti anche indecifrabiile, come se fosse una poesia capitata in mano a un commercialista.
Insomma, ognuno ci mette quel che porta in testa o nel cuore, però credo che una trama generale ci sia, e che sia fatta di momenti, non di situazioni permanenti. Di piccoli pezzi di vita in cui ci si accorge di quanto e come sia importante la moto in sè. Insomma è come quando ti rendi conto all'improvviso che stai andando, ti senti bene e ti chiedi perchè, e la risposta che ti sale alla mente stupisce perfino chi l'ha creata: dondoli sulla strada, il casco ti protegge da quel che c'è fuori, sei seduto su un piccolo universo a sé stante che viaggia alla stessa velocità della Galassia, dell'intero Cosmo, ma con regole del tutto proprie. Dove andare, a quanto andare, alza la visiera, richiudila, fai scorrere, strattona quellla manopola, accarezza il gas oppure dagli una manata secca e piena...in base a quel che ci va in quell'istante, e tutto questo significa, solo e comunque, che tu e la moto avete quel tempo, quel pezzo di strada, quel cielo, i pensieri nuovi, il vento... solo per Voi, e in nessun altro pezzo di vita questo può capitare.
Lo stesso è quando si è in sterro, col cuore che fa compagnia al motore pulsando nelle orecchie, con le dita che stringono la gomma morbida in modo fermo e deciso, la gamba che si protrae a prevenire, il collo torto per evitare un ramo ma mai, mai abbassare anche lo sguardo. Occhio piantato sull'ostacolo che segue, mentre se ne passa uno. Improvviso profumo di fieno caldo. Di terra fradicia e smossa subito dopo. Raggi primaverili che filtrano tra foglie ancora verde tenue, e zaffate di resina e pietra bruciata a luglio. Odore di neve (si, ha un odore la neve, concentratevi, che lo ritrovate, in fondo alla vostra memoria!) e di camini che fumano chissà dove in inverno, le mani scaldate vicino al collettore. Gli schizzi di fango senza tregua e le pozze in cui galleggiano foglie marce dell'autunno, e già il silenzio di un bosco abbandonato. Ma in cambio orizzonti tagliati con la nitidezza di un laser e colori che nemmeno la Sony potrà mai replicare.
Ritmo, respiro, inclinazioni innaturali usando senza esserne consapevoli leggi fisiche per poter avanzare. La pressione del palmo sul manubrio interno, la suola comprime la pedana quel che basta, e sei dentro. L'aria sbranata dalla cassa filtro tra le ginocchia, il rombo cupo del rilascio. La bitonalità isterica di una coppia trovata in mula e trattenuta fino allo scollinare, e tra le dita serrate la presenza della forca che ci trasmette il suo lavoro senza tregua. Su e giù, giù e su, va su lei, oscilla il mono, si alternano i pistoni nelle canne. E anche io su e giù, in piedi, giù le chiappe, su di nuovo...ma sempre più lento e meno convinto. E' tempo di una pausa, il terminale schricchiola, e ti viene in mente che una volta quel sottofondo, esattamente come me stesso, durava di più. Carbonio e titanio contro acciaio, meno poesia, più sostanza.
Il resto...il resto non so, dentro due marce basse, piega, colpetto di posteriore, gasssss... vediamo che altro c'è oggi in questo mondo piccolo.
alex:
Idem
Le Endurate sono di due tipi: la "seria e tecnica" e la "rilassata ed enogastronomica".
Il primo tipo di gita é come un richiamo alle armi; sveglia all'alba, zaino pieno di benzina ed eventualmente con il pasto dell'endurista, consistente in una barretta di muesli al mirtilli ed un mars, da consumarsi in meno di mezzo minuto. Percorso bestiale con rampe infinite al limite del ribaltamento, strapiombi a filo di sentiero, discese interminabili con milioni di gradini spezza polsi. Durata del giro non inferiore alle dodici ore, ritorno nella pioggia al buio e senza luci. Conclude la giornata una decisa autocelebrazione a salvezza raggiunta. Ardimento e coraggio.
Invece il secondo tipo di giro é quello più praticato dai non più giovani appartenenti al gruppo.Chissà perchè la prevalenza diei miei giri ormai appartiene a questa categoria. Strano.
Appuntamento non prima delle 10 con le moto presso un bar per prima colazione a base di brioches, cappuccino, barretta di cioccolato, torta ai pinoli alias della nonna, caffettino con il fernet, due sacchetti di patatine e due di cheese pops, coca cola con rutto e sigaretta. Partenza reale ore 11. Percorso medio con qualche difficoltà su tracciato asciutto (ma, devo ammettere, quasi impraticabile con terreno bagnato). Verso le 12 e 30 il rendimento dei gitanti scende verso il collasso. Nessuno vuole parlare e ci si guarda in silenzio con tensione crescente fin quando qualcuno dice: perché non ci fermiamo un attimo a prendere un panino ?.
La comitiva è consapevole del fatto che a dieci minuti c'è la strada e sulla strada c'è una trattoria, e trattoria vuol dire gambe sotto il tavolo. Solo un primo però, che sennò ci si appesantisce.
A qualche fetta di salame ed un piatto di ravioli, che insieme formano un cono alto 60 centimetri sul piatto, si aggiunge generalmente una birra da 1 litro (a testa) oppure qualche rosso della casa che non verrà citato da Veronelli ma che si beve che è un piacere. Verso le tre e mezza si sale nuovamente in moto rischiando il "coccolone dell'endurista" che può manifestarsi sotto diverse forme:
1. il coccolone da vino. Si ha quando appesantiti dal cibo e dall'alcool non si riesce a sollevare la ruota anteriore nemmeno di un centimetro, e dunque ci si arresta bruscamente contro un rametto o una pietrolina alta pochi micron.Nei casi più gravi non è pericoloso, in quanto risulta impossibile sollevare la gamba a un livello utile a scavalcare la sella e sedersi per la partenza.
2. il coccolone da caldo. In estate quando un po' l'umidità di agosto, un po' il motore e un po' lo sforzo portano la temperatura sotto il casco a valori prossimi alla scissione del deuterio in molecole subatomiche, l'endurista colpito diventa rosso porpora ed infine emette una colonna di fumo alta decine di metri e si accascia.Viene risvegliato dalla lavata del Canadair che è stato avvertito del fumo nel bosco.
3. il coccolone da freddo. In inverno, nel caso ci sia un trasferimento su strada normale, dopo pochi km. la temperatura scende a tal punto da bloccare prima lo stomaco, poi i muscoli delle braccia e delle gambe: è il momento in cui, solitamente, appaiono in visione un paio di santi a caso su una roccia o tra i rami di un faggio, che guardano l'endurista con commiserazione e atteggiamento di condiscendenza. E' il segno del tracollo. vengono meno le normali facoltà mentali e si intraprendono rotte a casaccio, per cui dopo alcune ore finisce la benzina ed il malcapitato viene ricoverato per assideramento in un ospedale a diversi km. di distanza. Viene rintracciato dai familiari dopo lunghe ricerche. A volte.
Valchisun:
Arrendiamoci, sperando che trattino bene i prigionieri.... :omo:
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