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A parità di cilindrata i motori con più cilindri sono più potenti?

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matty-78:
Proprio questo ha portato a più riprese il regolamento relativo alle superbike a stabilire degli handicap di cilindrata in funzione del frazionamento dei motori. Oggi le bicilindriche 1200 gareggiano contro le quadricilindriche di 1000 cm3. In passato per diversi anni i limiti di cilindrata sono stati 1000 cm3 per le moto a due cilindri e 750 per quelle a quattro. Pure il regolamento delle supersport prevede limiti diversi in funzione del frazionamento.
Come ovvio, non tutte le conseguenze di un maggiore frazionamento sono positive. Il motore diventa più complesso e più costoso, e il suo ingombro e il suo peso aumentano. Cresce poi l’estensione delle superfici di strisciamento, il che è svantaggioso ai fini del rendimento meccanico. La massima potenza ottenibile è però più elevata.

Una prima considerazione è immediata ed evidente, anche se tutto sommato risulta di importanza relativamente modesta. Un motore più frazionato ha cilindri più piccoli, che a pari rapporto corsa/alesaggio risultano più facili da raffreddare e consentono di ottenere camere di combustione più compatte. Ciò permette di adottare rapporti di compressione più alti. Oggi comunque, per quanto riguarda le cilindrate e gli alesaggi usualmente in gioco, le differenze non appaiono tanto sensibili.

Quando si aumenta il numero dei cilindri le cose più significative, ai fini delle prestazioni, sono fondamentalmente due. In primo luogo, la diminuzione della corsa fa sì che, a parità di regime di rotazione, la velocità media del pistone risulti minore. Ciò significa che le sollecitazioni meccaniche sono più basse. E viceversa, a pari velocità media del pistone (e quindi con eguali sollecitazioni), il motore può girare più in alto. Questo è importantissimo, in quanto, dato che la potenza è direttamente legata al regime di rotazione, si hanno sensibili vantaggi in termini di cavalli.

In secondo luogo, aumenta la superficie totale dei pistoni. Questo significa che anche le sezioni di passaggio a disposizione dei gas possono essere complessivamente maggiori, il che è ovviamente positivo (aumenta però l’estensione delle pareti lambite dai gas, ossia la superficie “bagnata”, e la cosa è svantaggiosa). Più importante, anzi fondamentale, è il fatto che che, ferme restando la cilindrata, la velocità media del pistone e la pressione media effettiva, la potenza ottenibile risulta direttamente proporzionale alla superficie totale dei pistoni.


Sintetizziamo ora i risultati in termini di prestazioni di punta (cioè di potenza), tenendo presente che le considerazioni seguenti si riferiscono a un raffronto, tra motori di eguale cilindrata ma con diverso numero di cilindri, effettuato a parità di rapporto corsa/alesaggio, velocità media del pistone e pressione media effettiva.
La potenza ottenibile è proporzionale alla radice cubica del numero dei cilindri. Dunque, se un monocilindrico di 500 cm3 eroga 50 cavalli, un bicilindrico ne erogherà 63 (l’aumento è del 26 %, in quanto la radice cubica di 2 è 1,26 e 50 x 1,26 = 63). Un tricilindrico fornirà 73 cavalli e un quadricilindrico 80. Se si passa addirittura a un otto cilindri, la potenza ottenibile diventa doppia, rispetto a quella erogata dal “mono” (infatti la radice cubica di 8 è uguale a 2).

Queste potenze vengono ottenute a regimi differenti. Quella che rimane costante (come il rapporto corsa/alesaggio e la PME) è la velocità media del pistone. Ciò significa che se le misure caratteristiche sono quadre (cioè la corsa è uguale all’alesaggio), la stessa velocità media del pistone che si ha nel monocilindrico (86 x 86 mm) a 6000 giri/min, il quadricilindrico (54 x 54 mm) la raggiunge a 9500 giri/min.
Attenzione, in questo esempio abbiamo fatto sempre riferimento all’incremento di potenza ottenibile aumentando il numero dei cilindri rispetto a un mono. Negli altri casi, cioè prendendo come base di partenza un motore che di cilindri ne abbia più di uno, occorre moltiplicare la sua potenza per la radice cubica del rapporto tra il nuovo numero di cilindri e quello di riferimento.
Così, se un quadricilindrico eroga 100 cavalli, un motore a sei cilindri di analoghe caratteristiche complessive fornisce 114,5 CV, in quanto la radice cubica di 1,5 (cioè di 6 diviso 4) è 1,145.

sapphire:
Non sono d'accordo che il motore corsa corta sia meno sollecitato nel suo insieme rispetto ad un corsa lunga. Il corsa corta oltre ad essere sollecitato da un maggiore numero di giri utilizza un pistone più grande che significa anche maggiore spinta e sollecitazione della biella, albero motore e cuscinetti di banco.Da ciò ne consegue che nei mezzi da lavoro o che devono percorrere migliaia di chilometri o che richiedono molta coppia si preferiscono usare i quadri cioè motori che hanno la corsa uguale all'alesaggio o i corsa lunga.

alex:
Ci ho dovuto ragionare sopra anche io, quando l'ho letto, tirando fuori dai cassetti della memoria (compromessa dall'Alzheimer) cognizioni ormai vaghe che proverò a illustrare, anche se in modo non propriamente tecnico rigoroso:
la corsa è uno dei punti critici di tutti i classici motori a scoppio a 2 e 4 tempi, dal momento che è l'inerzia, dovuta alla continua inversione di direzione della biella-pistone, che assorbe molta energia cinetica fornita dalla combustione (di qui ad es. il vantaggio "teorico" del motore rotativo). Ergo, con una corsa più corta si hanno maggiori prestazioni diminuendo i pesi delle parti meccaniche in movimento e si ha meno inerzia.
Nei motori attuali, si tende ad avere le minori velocità possibili ai fini del rendimento perchè, come puoi immaginare, appunto più è veloce il movimento degli organi meccanici e maggiori sono gli attriti e le inerzie, come detto prima.
In sostanza: durante la corsa un pistone raggiunge velocità ragguardevoli. Ma ci sono due fasi cicliche in cui la velocità è teoricamente pari a 0: il PMS e il PMI. Pe raggiungere un regime di rotazione anche piuttosto modesto, un mono a corsa lunga deve correre a una velicità decisamente superiore a quella di un frazionato superquadro. Dal momento che stiamo aprlando di velocità media della corsa a regime di potenza massima, ho usato dei dati a me noti per avere una semplicità di computo (quelli del motore Ducati 1000DS, 2V) e poi li ho paragonati a quelli di altre moto più "tirate"
La corsa del 1000DS è di 71.5mm ed il regime massimo (concesso dal limitatore) è circa 9000 giri. La velocità massima risulta di 21.45m/s che è TANTISSIMO per un motore da 92bHP!!!!!!!
Tanto per dire, la R1 del 2007 arriva a 22.3m/s, ma con una corsa, e quindi con stress meccanico, decisamente inferiori !
perchè? Perchè a parità di cilindrata, a una corsa minore corrisponde necessariamente un alesaggio maggiore. E viceversa. Questo è il motivo per cui un motore che abbia 15.000 giri non é, necessariamente, meccanicamente più stressato di uno da 10.000 giri con la corsa molto lunga. Ovviamente a parità di qualità di materiali e tecnologie impiegate. Motivo per il quale, a fini conservativi, il 1000 Ducati ha il limitatore che mura a 9800 rpm e la Yamaha no.
Speriamo, nonostante il raffazzonamento, di essere comunque stato sufficientemente intellegibile...

alex:
Le macchine da lavoro hanno corsa lunga per motivi alquanto eterogenei. Il primo, di ordine industriale stretto, è che la ricerca e sviluppo dei motori da fatica non ha certo l'evoluzione che abbiamo nei motori da trazione sportiva e, di riflesso, utilitaria.
Il secondo è che (parlando di 4T) hanno un miglior rendimento termico, diminuendo in questo modo il tempo di combustione. Poi hanno una miglior tenuta delle fasce elastiche e dei raschiaolio, il che ne consente cicli manutentivi moto dilatati. Per ultimo, è possibile, come conseguenza, disporre di bielle, pistoni e componenti di rotazione di foggia semplice e di qualità modesta, con logico contenimento dei costi sia di produzione sia dei ricambi.
Lo svantaggio è che, per contro, hanno un peggior rendimento volumetrico, anche per il fatto che si devono giocoforza usare valvole più piccole.

sapphire:
Diciamo che in teoria è come dici ma nella pratica le cose sono leggermente diverse.
Il motore superquadro ovvero motore con pistone enorme e corsa piccolissima difatto dura meno di un quadro o corsa lunga.
Il superquadro avendo un numero di giri molto più elevato gli organi meccanici quale pistone biella albero e cuscinetti di banco devono sopportare un numero di scoppi maggiore con conseguente minore durata, inoltre cambia un altro parametro molto importante e cioè la velocità con cui si raggiuunge il numero di giri massimo,il superquadro sale di giri molto rapidamente sollecitando maggiormente tutta la meccanica il quadro o il corsa lunga sale di giri più lentamente presevando la meccanica.
Giusto per fare un esempio un motore di una vettura da formula 1 con il suo bel motore superquadro a corsa cortissima da 600 700 cavalli  non riuscirebbe a spostare nemmeno per un giro di pista un Tir con rimorchio senza fondere il motore. Tir che invece con il suo bel motore quadro o corsa lunga con 500 cavalli lo muove anche con forti pendenze e percorre 800000 chilimetri.
Inoltre il superquadro per come sale di giri rapidamente scende di giri altrettanto rapidamente e sente maggiormente gli sforzi prolungati.
Insomma per motori da competizione ad alte prestazione vanno benissimo ma per motori che devono sviluppare coppia e durata nel tempo meglio non esagerare con le piccole corse e i pistoni a padella. Diciamo pure che la teoria conta ma il risultato finale ancor di più.

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